Creato da viburnorosso il 02/06/2011
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« Piccole soddisfazioni sc...Madeleine di lampone »

Estensioni concettuali dello spirito partenopeo

Alcuni anni fa ho scoperto Ischia e vi torno sempre con enorme piacere.
La natura dell’isola è così rigogliosa da sembrare tropicale, il mare in alcune calette ha fondali verde-azzurri, e poi ci sono i parchi termali con le piscine calde, la cucina è ottima e il bel tempo una garanzia.

Ma il vero motivo che mi spinge a tornare in questo posto è un altro: qui si respira un verace spirito partenopeo, che fa di questo posto un’eccezione tra le mete del turismo più elitario.

So che parlando di “spirito partenopeo” rischio di finire sul terreno scivoloso dei campanilismi, primo fra tutti quello tra ischitani e napoletani, tuttavia qui userò genericamente questa etichetta per riferirmi alla visione scanzonata e chiassosa della vita che caratterizza sia la gente del luogo che i turisti provenienti dalle più immediate vicinanze.

L'argomento offre numerosi spunti di conversazione, oggi però mi limiterò a parlare di alcune estensioni concettuali proprie dello spirito partenopeo, ovvero del modo in cui alcuni concetti fondanti per l’esistenza dell’uomo assumano in questi luoghi una visione più ampia che altrove.

La cuffia da piscina
Ai parchi termali è d’obbligo l’uso della cuffia. Per me quest’oggetto esiste declinato in due versioni, quella di latex, per sadomaso del nuoto, che ti estirpa una quantità di capelli sufficiente a farne donazione a qualcuno tricologicamente meno dotato, e quella di lycra, che è impermeabile quanto un cappotto in un giorno di pioggia, però almeno assolve egregiamente al suo compito, che è quello di non lasciare capelli in giro per la piscina.
Io personalmente preferisco questo secondo tipo.

Tuttavia, per una ragione che a me sfugge, il partenopeo è estremamente refrattario ad indossare questo utile copricapo, pertanto o non la indossa affatto, o, essendovi costretto, reinterpreta creativamente il concetto di cuffia, estendendolo anche a:
fasce per capelli preferibilmente di pizzo stile Madonna Like a Vergin, o in alternativa, fiori finti per tenere appuntate svolazzanti ciocche di capelli (per un effetto maggiormente assertivo e romantico, fascia e fiore possono essere abbinati),
bandana di Capitan America (suvvia, chi di voi non ha nel cassetto una bandana a stelle e strisce?),
cappello da pescatore,
fazzoletto da mondina,
cuffia da doccia con le paperelle.

La conversazione col vicino di ombrellone
Fin da bambina mi è stato insegnato a parlare a voce bassa nei luoghi pubblici in modo da non disturbare l’altrui conversazione e non imporre agli altri l’oggetto di discussione della propria. Lo spirito partenopeo ignora questo precetto e anzi estende il concetto di conversazione privata fino all’ottava fila di ombrelloni, pertanto se vi trovate nel raggio di azione di una discussione tra vicini di lettino verrete inesorabilmente risucchiati da essa, che lo vogliate o meno.
In brevissimo tempo saprete tutto delle abitudini alimentari e digestive dei vostri vicini, delle loro liti condominiali, della raccolta punti del supermercato, se preferiscono le padelle in teflon o quelle in ceramica.
La possibilità di sottrarsi a questo rito collettivo è praticamente nulla, perché quando vi renderete conto di trovarvi all’interno di una conversazione tra vicini d’ombrellone, sarà già tardi e vi accorgerete di essere assediati da altri 20 lettini disposti circolarmente attorno al vostro. Non vi resta che fingere di ascoltare interessati e poi dire la vostra.

La spuntino in spiaggia
La pratica dello spuntino in spiaggia è una di quelle che maggiormente si prestano a quel processo di estensione concettuale di cui vi parlavo sopra. Adesso, voi cosa fate rientrare nel concetto di “spuntino in spiaggia”?
Lo so, le risposte saranno varie: le forzate della linea mi diranno un frutto (non più d’uno che la frutta è pur sempre zucchero e ingrassa), il goloso mi risponderà un gelato, che insieme sfama e rinfresca, il tradizionalista un panino o un trancio di pizza, il salutista un’insalata al bar in riva al mare.
Il partenopeo invece no, niente di tutto questo, lui si presenta in spiaggia armato di thermos, frighetto da mare e contenitori in plastica da cui escono effluvi di sugo e parmigiana, friarelli e salsiccia, frittata di maccheroni e polpette al sugo.
Il rito dello spuntino viene preceduto dal richiamo a 180 decibel (l'equivalente del rumore prodotto da un razzo al decollo) della prole dispersa a mare.
Solitamente i pargoli, mai in numero inferiore a 3, dimostrano una voracità che è direttamente proporzionale alle dimensioni del thermos, pertanto per placarla occorrerà rinforzare lo spuntino con un vassoietto di sfogliatelle della vicina pasticceria.


Dopo aver assistito a questo rito, a me solitamente viene voglia di fare merenda.
Per resistere, prendo la mia cuffia da piscina, e divincolandomi tra i lettini che fanno capannello attorno al mio e un'interessante conversazione su meteorismo e pasta e fagioli con le cozze, vado a farmi una bella nuotata
!

 
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