Viburno rosso

Il ritorno di Sergent Pepper


Il diluvio si scatena alla prima curva in uscita dal paese. Da lì in poi la strada si snoda nel bosco per circa 10 chilometri, liscia come il filo delle lucine di Natale quando lo tiri fuori dalla scatola degli addobbi.La grandine spoglia gli alberi delle ultime foglie, che alla luce degli abbaglianti disegnano complesse coreografie prima di adagiarsi definitivamente a terra. Le macchie di asfalto che spuntano tra il reticolo giallo delle foglie cadute regalano la sensazione di incedere su un tappeto di leopardo. Il passo si fa felpato, la guida instabile.La luce dei fanali rimbalza sulla segnaletica stradale catarifrangente prima di tuffarsi giù nelle pozzanghere. In alcuni punti il manto stradale è solo un enorme lucido specchio, che moltiplica come in un caleidoscopio le poche luci della notte: un pavimento stellato sotto ad un cielo nero catrame.I fulmini accendono brevissime lampadine di giorno, svelando per un istante un paesaggio completamente diverso da quello immaginato. Poi la luce si spegne e ritorno a inventare contorni nel buio. Ad ogni passaggio i tergicristalli spazzano via meno pioggia  di quanta ne cada. Guido in apnea su un fondale di alghe e conchiglie.Non serve poi tanto per trasformare una seicento color banana in un sottomarino giallo. E il ritorno a casa in un viaggio onirico.