Vignola vota

Charlie Hebdo ? ma mi faccia il piacere


 Non so. Sarà l’eccesso di zuccheri accumulato durante le feste, oppure l’effetto sottovalutato del marsala che mi ha annebbiato, ma davvero non mi ero reso conto di vivere nella Patria della libertà di espressione. Nella terra dei difensori della satira e della laicità dello Stato. Quanto tempo ho dormito? Dunque, a quanto leggo ovunque,  siete ‘tutti Charlie Hebdo?’.Ma non mi dire!Cosa mi sono perso?  Voi, l’accozzaglia di giornalisti barricaderi di battaglie solo lette e sublimate nei salotti, sopravvissuti al proprio tempo, cortigiani a tempo determinato del padrone di turno, siete davvero voi Charlie Hebdo? Pennivendoli da salotto che dedicano più tempo a cercare i commenti sgraditi a  non richiesti articoli su moda e costume che non a preparare il pranzo?Voi, che avete consumato interi calami a narrarmi la nascita e l’evoluzione dei Papa Boys, e oggi gridate all’attentato verso la laicità dello Stato? Siete voi Charlie Hebdo?Oppure voi, il politico liberale – liberista, che non ha il tempo di leggere tutti i commenti al suo ‘tweet’, e delega ad un qualsiasi avvocato il compito di ripulire la propria dignità virtuale sommersa per lo più da fischi e pernacchie o da un ‘ vai a lavorare’ . Voi , che ‘ gay è ammalato’,siete davvero i Charlie Hebdo?Ah bè, se lo avete scritto, lo sarete sicuramente. Oppure voi,  i giornalisti  che ‘ Dio salvi l’indipendenza e l’autonomia della Stampa’, che campate con un lavoro trovato con l’aiuto dell’amico dell’amico dell’amico, e vi sentite dei Montanelli redivivi? Siete voi Charlie Hebdo?Oppure siete voi, ma si,  gli scrittori ‘alternativi’ e ‘liberi’ (quelli strafichi ) , che non stringete la mano perché rosicate di non essere stati invitati al premio letterario, o togliete dalla rubrica il numero di chi vi ha oltraggiato con una recensione che vi è andata di traverso. Siete voi,che oggi agitate matite macchiate di sangue Charlie Ebdo? Ma no, che diamine. Mi sbaglio! Leggo meglio : i Charlie Hebdo sono quei seri commentatori che ‘ 500 bambini morti a Gaza è solo propaganda’.  La risata autoironica, lo sberleffo mentre vi imparruccate,il salace contraddittorio che vi renderebbe più liberi e seri ridendo di voi, è qualcosa che non vi appartiene più, da tempo. Una sorta di parola forclusa, rigettata.Forse mai  masticata.  Voi, che nutrite l’esercito di avvocati più numeroso d’Europa a difesa delle vostre paure, delle vostre goffe mancanze, delle vostre rughe  dietro i ceroni di inchiostro siete diventati di colpo i difensori ad oltranza di un gruppo di giornalisti veri e di razza purissima,  che di voi si sarebbero fatti beffe . E verso i quali avreste da subito messo in atto la solita strategia fatta di minacce, cancellazioni e citazioni in tribunale. La satira, nel suo significato più intimo, vale a dire l’attitudine del ricco o potente a prestare il suo destro allo sberleffo, in Italia , forse,è scomparsa ai tempi del Candido. Replicata poi in una stagione troppo breve di alcuni inserti dentro all’Unità, quando era ancora il giornale che non si vergognava della stampigliatura ‘ fondato da Gramsci’. Poi, più nulla. Un cupo e plumbeo congelamento della dialettica, una costruzione narcisistica di miserandi ego ipertrofici , ciascuno dietro al proprio scranno, articolo,libro, abito, partito, giornale o compagine. L’italiano, nella sua multiforme forma di intellettuale  giornalista, opinionista , aspirante  polito o valletta, nemmeno lo conosce il significato del termine ‘satira’.In un tempo nel quale egli si sente qualcuno perché si ha fondato un gruppo su facebook ( al solo scopo di eliminare le voci dissonanti dal proprio incompreso pensiero rivelatorio) o per una comparsata televisiva, o per una dichiarazione in radio calata come un discorso di Einaudi alle Camere congiunte, non contempla nel suo vocabolo limitato la parola ‘critica’,figurarsi satira. Un ‘ bada che fai ridere! Ma ti sei visto allo specchio?’,come quel ritornello che Coppi cantava  a Bartali nell’immortale duetto televisivo, suona alle vostre orecchie da 'bagaglino' come una minaccia, un atto di ‘invidia’ di chi non solo non li capisce, ma addirittura cova nell’ombra un rancore inaudito verso i vostri talenti. Lo sberleffo  suscita nel narciso contemporaneo  ( che magari ha al suo attivo ben 10comparsate  televisive e venti articolesse, oppure un passato da militante oggi mantenuto,  o difensore del suo fortino  ) il timore paranoico di una inspiegabile minaccia , proveniente da uno stato ostile, un arma atomica e letale,lanciata   contro la propria grottesca proiezione pantografica dell’ego.    Oggi, l’ho visto scritto, era Charie Hebdo anche la famosa giornalista e moralizzatrice femminista già mille anni fa, oggi a riposo, che scatenò i suoi seguaci in rete a cancellare chi osava mettere in dubbio la sua legittima volontà di mandare a quel paese chi non era d’accordo con la sua preziosa opinione su non ricordo bene quale importantissima minchiata. Quella frase ‘ Io sono Charlie’ voi la recitate nella stessa maniera fessa e ripetitiva da pugile suonato, proprio come quegli assassini gridavano ‘Hallah è grande’. Come il miserere in latino dei vostri nonni, ai quali era impossibile accedere al significato  , ma per i quali era impensabile patire l’onta di essere i soli a non recitarlo in chiesa. Bene, bravi. Scrivetelo, esponetelo. Stampatevelo in faccia e addobbate il vostro altarino su twitter.  Fateci un ‘flash mob’ e poi un aperitivo disensibilizzazione.Si, certo, voi siete Charlie Hebdo.  Ma fatemi ilpiacere!Avete la patta abbassata, e nemmeno ve ne siete accorti.