2 passi tra le righe

"La verità sul caso Harry Quebert" di Joel Dicker


La malattia non era arrivata di colpo: si era insinuata dentro di me lentamente. Era come se il mio cervello, una volta infettato, si fosse bloccato un pò per volta. Di fronte ai primi sintomi avevo fatto finta di niente: mi ero detto che l'ispirazione sarebbe tornata l'indomani ...Harry aveva passato l'intera mattinata a scrivere compulsivamente le quattro lettere di quel nome: N-O-L-A. Aveva la sua immagine in testa, il suo viso gli invadeva i pensieri.Chiunque si ricordasse di Nola sosteneva che fosse una ragazza meravigliosa. Di quelle che non si dimenticano: dolce e attenta con molti interessi e allegra. Era dotata di un incomparabile gioia di vivere che sembrava in grado di illuminare anche i peggiori giorni di pioggia. Avevo scritto le prime pagine,ma ero di nuovo bloccato. Era un libro su Nola, ma come potevo scrivere senza di lei? Come potevo raccontare una storia d'amore destinata al fallimento?... Avrei voluto strapparmi il cuore dal petto, tanto la amavo. Ma aveva solo quindici anni. La donna di cui ero pazzo d'amore aveva solo quindici anni! Allora andavo a prendere i fiori e, come tutti gli altri mazzolini che mi aveva portato, li mettevo in un vaso, nel salotto. E restavo a guardarli per ore. Ero terribilmente solo e triste.La vita dopo Nola non era più vita. A detta di tutti, nei mesi che seguirono la scomparsa della ragazza, l'intera città sprofondò nella depressione e nel terrore di un nuovo rapimento. Arrivò l'autunno, con i suoi alberi colorati. Ma i bambini non ebbero più occasione di tuffarsi negli immensi mucchi di foglie che si accumulavano lungo i viali ... I bambini non avevano più il permesso di uscire da soli ... Le porte delle case erano chiuse a chiave ... La fiducia era scomparsa ...Si svegliava all'alba e si preparava con cura: si radeva e si agghindava di tutto punto, pur spendo che non sarebbe uscito di casa e non avrebbe visto nessuno. Poi si sedeva alla scrivania e si metteva al lavoro. Le uniche pause erano per andare a rempire il bricco di caffè; il resto del tempo lo passava a rileggere, correggere, scartare e ricominciare.Ti ho detto che scrivere è come boxare, ma è anche come correre. E' per questo che ti mando sempre a correre: se hai la forza morale di sffrontare lunghi percorsi, sotto la pioggia e nel freddo; e hai la forza di continuare fino in fondo e di metterci tutte le tue energie, tutto il tuo cuore, e di arrivare alla meta, allora sarai capace di scrivere. Non devi mai lasciare che la stanchezza o la paura te lo impediscano. Al contrario: devi usarle per andare avanti.