2 passi tra le righe

"Le quattro casalinghe di Tokyo" di Natsuo Kirino


Kuniko.Masako le faceva venire in mente gli alberi secchi e nudi in inverno. Così era il suo corpo slanciato, senza un grammo di troppo, e il colorito del suo viso era simile a quello della sua corteccia. Il taglio degli occhi, il naso grazioso, le labbra sottili, tutto perfetto al millimetro. Se si fosse truccata un poco e avesse indossato vestiti un pò più raffinati, come faceva lei, sarebbe stata molto carina ... Che spreco! Kuniko provava un sentimento misto di invidia e disprezzo. Lei invece era brutta e grassa... Specialmente al mattino si sentiva brutta, alla fine del turno di notte. Prese un fazzolettino dalla pochette firmata Prada e si picchiettò la pelle nei punti in cui era più unta. Sapeva anche troppo bene che una come lei, senza particolari qualifiche, non poteva trovarsi un impiego migliore se non era almeno carina. Per questo aveva accettato quell'orrendo lavoro notturno. E più era stressata, più mangiava e ingrassava.Il suo più grande desiderio era essere una donna diversa, vivere una vita diversa, in un luogo diverso, con un uomo diverso.Yoshie.Yoshie depose in un angolo la busta di carta contenente il camice bianco e i pantaloni da lavoro che si era portata a casa per lavarli, e attraverso la porta scorrevole aperta diede un'occhiata alla camera di sei tatami. Le tende erano tirate e la stanza immersa nell'oscurità, ma si accorse subito dei piccoli movimenti sul futon disteso sul pavimento. La suocera, costretta a letto da sei anni, doveva essere già sveglia. Tuttavia Yoshie rimase immobile in mezzo alla stanza, senza chiamarla. Nello stabilimento riusciva a farsi forza e a concentrarsi nel lavoro, ma appena arrivava a casa si sentiva stanca e molle come un vecchio straccio per spolverare. In fondo al cuore sapeva che evitava di guardare in faccia la realtà. Non voleva riconoscere che nessuno era disposto ad aiutare lei, non avrebbe potuto sopportarlo. Preferiva coltivare quella sorta di orgoglio che la costringeva ai più duri lavori. Yoshie si nascondeva la realtà e la riponeva accuratamente in fondo all'anima: in tal modo aveva finito col fare della fatica la regola suprema della propria vita. Era quella la sua tecnica per sopravvivere.Yayoi.Era la più bella, non solo tra loro ma tra tutte le operaie del turno di notte. Aveva lineamenti perfetti: fronte alta, sopracciglia e occhi ben disegnati, un nasino all'insù e labbra piene. Anche il corpo era bello, esile ma ben proporzionato. Era diversa da tutti gli altri e perciò la prendevano in giro, ma anche la viziavano.Odio, odio puro, ecco quello che provava. Yayoi contemplava la propria immagine nuda nel grande specchio. Al centro del suo candido corpo di trenaquattrenne spiccava, all'altezza dello stomaco, un livido bluastro quasi circolare. Quello era il punto in cui suo marito Kenji, la sera precedente, l'aveva colpita con un pugno. Era stato questo fatto a risvegliare quel sentimento nel suo animo. C'era già da tempo. Ma fino ad allora non era riuscita a dargli un nome. Appena ebbe un nome, quel sentimento parve allargarsi come una nube nera e densa di pioggia e si impossessò in un batter d'occhio del suo cuore. Dove ora non c'era altro che odio puro... Si sentì terribilmente sola e seppe che da sola avrebbe dovuto cavarsela in questo mondo spaventoso, da sola avrebbe dovuto porre fine ai maltrattamenti di kenji. La cosa che più la feriva era che fosse proprio l'uomo su cui avrebbe dovuto poter contare a procurarle tutti i suoi guai.  Come avrebbe potuto uscire da quell'inferno? Non lo sapeva proprio.Sotto il suo ombrello tutto era rosa, tuttavia il mondo esterno si era trasformato in un paesaggio minaccioso che la stringeva da ogni lato. Non riusciva a smettere di pensare che era il mondo che doveva affrontare dopo l'omicidio di Kenji. Yayoi si ritrasse sotto l'ombrello, come se volesse scacciare quell'immgine.Aprì la porta ed entrò nella penombra. Forse per la presenza dei piccoli, la sua casa aveva il tenero, familiare odore di un cucciolo addormentato al sole. Ormai quella casa apparteneva soltanto a lei e ai suoi adorati bambini. Tirò un sospiro di sollievo. Kenji non sarebbe più tornato. Era morto, ma nessuno doveva accorgersi che lei lo sapeva, doveva stare molto attenta. Sarebbe riuscita a interpretare bene la parte della moglie preoccupata per la scomparsa del marito? Questa era la sua più grande preoccupazione ora.Masako.Il figlio che era stato espulso dalla scuola e si era rinchiuso nel mutismo, il marito con la preoccupazione del lavoro, lei che aveva dovuto abbandonare il suo impiego ed era finita ai turni di notte: ciascuno di loro era costretto ad affrontare la realtà e a portare il proprio fardello da solo, così come da soli dormivano nelle loro stanze.  Le dita del marito, che da lungo tempo non la sfioravano più, lavoravano senza sosta per costruire una fortezza. La sua inclinazione a escludre dalla propria vita la moglie e il figlio, come se appartenessero al mondo esterno, feriva profondamente Masako. Ombre minacciose si addensarono improvvisamente sulla sua serata, che aveva previsto di trascorrere tranquillamente a casa, senza figlio e marito che sarebbero rincasati chissà quando, e soprattutto senza dover andare a lavorare. La situazione era cambiata troppo in fretta. Si stava ancora cullando  nell'ingannevole sicurezza che tutto fosse andato per il meglio, ed ecco presenatrsi davanti a lei il fallimento. Il pericolo, che finora se ne era stato in agguato, era saltato fuori a farle lo sgambetto. Ma adesso era il momento di dimostrare cosa vuol dire essere padroni della situazione. Da ora in avavnti, a ogni passo, dietro ogni angolo, poteva aprirsi una tenebra nera, come le ali di un corvo, che non aspettava altro che inghiottirle tutte quante. Per qualche minuto Masako si concentrò intensamente sui propri nervi come si fa la punta a una matita dalla mina particolarmente dura.Con calma tornò all'ascensore e premette decisa il pulsante per scendere. Avrebbe comprato un biglietto aereo. Da qualche parte doveva esserci la sua libertà, diversa da quella di Yoshie e di Yayoi. Adesso che si era chiusa tutte le porte alle spalle, non le rimaneva che trovare una nuova porta da aprire. Sentì il sibilo dell'ascensore che saliva e il rumore le ricordò il gemito del vento.