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Il Sole di Stagno - Romanzo

 

Il Sole di Stagno - Vincenzo Aiello - con-fine ed. - Bologna, 2006

C'è qualcosa che accomuna questo racconto di Aiello al grandioso romanzo di Walter Siti, Troppi paradisi. Così lontani e tra di loro diversi, entrambi si sono proposti di tematizzare il tempo, fissandolo alla svolta del secolo e del millennio. Per narrare come storia la contemporaneità e la propria stessa esperienza, senza consegnarsi all'autobiografia, bisogna scegliere una lingua e giova inoltre (secondo me) una cornice esplicita di referenti cronologici. Che annunci subito il carattere del testo, di selettiva ricostruzione. Distante dal testo soggettivo della semplice memoria. È il problema che Aiello, nella sua prova d'esordio, ha in parte eluso, affidandosi ai soli dati interni. Quanto alla lingua invece, o meglio alla voce di scrittore, ha usato felicemente, la sua, che nella nuova generazione è una delle più personali.

Lidia De Federicis (L'Indice dei Libri) 

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"Più stupore (della fine) che timore"

Post n°428 pubblicato il 12 Marzo 2010 da VincenzoAiello68
 
Foto di VincenzoAiello68

Sempre di più anche letterati affermati ricorrono allo strumento dell’e-book. Il poeta napoletano Antonio Spagnuolo è l’ultimo in ordine di tempo che lo utilizza pubblicando “Misure del timore (edizioni www.laRecherche.it ), nella collana diretta da Roberto Maggiani e Giuliano Brenna. Nella prefazione di Mario Pomilio si sottolinea la cifra della poetica di Spagnuolo, “ legata all’inconscio, e dove l’inconscio è il luogo della poesia”. Questo tratto è subito chiaro nella lirica “Illusioni” dove emerge la vita, “come un supporto ricco di fantasie e di illusioni che rimandano a fine, / per quei rami che avresti voluto torcere al profumo”. Tutto inizia dagli “Sguardi”, attimi distratti che tra le crepe dei muri sussurrano ancora una promessa, tranello che propone qualche ora sottratta nel sorriso e che rinnova sguardi vellutati. Nel viaggio della vita ci aiutano però i “Ricordi” che la notte quando “l’odio scarta dalla lingua le ingiurie” ci si danno per capire “quanta letizia ci si offre nel silenzio dei giorni”. Quando si giunge all’attesa della morte si vive di “Riflessi” desideri di nuove finzioni per quella lunga attesa nella quale più viva e più intensa è la paura che ci cinge. Le “Stagioni” , infatti, sono diventate “inflessibili ironie che sgusciano senza più soluzioni”.  Né ti aiuta la visione del “Mare” dove la brezza sembra avere una speranza lungo l’orizzonte. Non c’è più la poesia del sesso e ”sappiamo che la ruggine ci attacca come il filo del nulla in una cava di gesso, frutto secco con la morte nei sensi”. Forse solo i tremori “guizzi smerigliati per farsi sogno nei sapori del tempo” ci trascinano illudendo le nostre ultime follie che immaginano deliri di ventri.

Vincenzo Aiello

 

 
 
 
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