Il Sole di Stagno

"Le tisane di Eliodoro"


Nel 2010 l’esordiente scrittore napoletano Vincenzo Monfrecola ci stupì con “Il decisionista”, la storia di una colossale truffa nell’Inghilterra di fine ‘800, soprattutto per la felicità narrativa piena di bei personaggi e di tante storie, che si intrecciavano inusuali in uno scrittore “da Napoli”. Il secondo titolo “Lo strano furto di Savile Row, un sarto, cinque donne e una giacca (pagg. 272, euro 15; Cavallo di Ferro)” ci conferma nella considerazione di piacevolezza di lettura che avvertimmo allora. Tutto inizia con un oscuro cronista, Peter Daleslow, che in un paesino del Sud Africa scrive nel novembre 1910 al suo caporedattore George Spencer del “Daily Mirror”,  di avergli spedito per corriere un romanzo, che ha lo stesso titolo di quello di Monfrecola. Poi la scena si apre sulla Londra di qualche mese prima – primi di maggio del 1910 - che è in lutto per la morte del re Edoardo VII, che attende la cometa di Halley ed i suoi presunti effetti letali di gas, e la paventata sfilata delle suffragette britanniche che reclamano il diritto di voto alla Camera dei Comuni. Qui ritroviamo Daleslow che da oscuro postino del suo quotidiano viene incaricato da Spencer del suo primo servizio: sembra che nella sartoria di “Goodge e son” sia stata rubata una delle giacche del Premier inglese. Qui Daleslow conosce uno commesso italiano Eliodoro Rivabella, figlio di Michele titolare di una dependance “economica” della “Goodge”, che diventa con le sue ambizioni di diventare un giornalista e di trovare il vero amore, il protagonista di questo romanzo, dove leggerezza e variazioni a 360° nella guida della narrazione la fanno da padroni. Eliodoro viene nominato capo-commesso, poi direttore di un fantomatico giornale “L’allegra coppietta” dove fa assumere la sorella Faustina, suffregetta della prima ora, la prostituta sudamericana Honey, l’attrice di second’ordine Doreen, la moglie di Dalenslow, Maud, l’assistente sociale ante litteram Emma e l’ex (?) ladruncolo Tom. Nell’interazione tra questi personaggi si sviluppa la narrazione piena di brio, ingenuità e sotterfugi sbirreschi, fino all’epilogo decisamente impensato, e che realizza nella narrazione l’esergo, riportato all’inizio del testo, di Jean Cocteau, “le storie sono fatti che finiscono per diventare leggende; le leggende sono bugie che finiscono per diventare storie”. Su tutti vince la capacità narrativa di Monfrecola che bene appoggiato dalla Cavallo di Ferro dà sfogo alla sua immaginazione leggera che gli procurerà tanti lettori divertiti.Vincenzo Aiello