Il Sole di Stagno

"Felice chi investi di te / mettendo a terrore il tempo"


E’ una poetica affamata di senso quella del filosofo 40enne Marco Russo nella sua prima raccolta di versi “Qualcosa ha ancora più fame (pagg. 100, edizioni Grafhisoft)”.  La morte della noia vince gli slanci di vita addensando primavere: unico metro per misurare il reale è la parola “libera di udire la replica del vuoto”. L’unica uscita di sicurezza è sedimentarsi in sé, tornare a rinchiudersi. C’è qualcosa che annichilisce la fame del tempo richiamata dal titolo – un verso di Mandel'štam? E’ l’entità che investe di felicità “muovendo a terrore il tempo”.  Mentre, invece, il tempo cronologico si nutre di albe e soli, il protagonista sembra anteriore a tutto, ed anche la rugiada lo rovina. L’evento sempre nuovo “scompiglio di misere logiche, (è) il tuo sguardo”. Si riconosce nella prosa poetica di Russo l’eco dei russi e dei francesi: una voce di notte che lo avvicina al Pavese poeta. Notte, vento, luna, alba, le parole di un alfabeto proprio dell’autore con cui cerca di eludere il senso di morte che “è questa stanza umida di terra, scavata dal silenzio dei vivi”.Vincenzo Aiello