Riflessioni

LA COMMEMORAZIONE DEL LAVORO


Se andiamo avanti di questo passo, tra qualche anno il 1° Maggio non sarà più la festa dei lavoratori, ma diverrà la commemorazione del lavoro. La mia non è facile ironia, in quanto non c’è niente di ironico nelle mie parole, non è neanche sterile polemica, ma la semplice constatazione di ciò che sta avvenendo. Del resto come si fa a festeggiare qualcosa che è sempre più raro trovare, sempre più precario, sempre più inquietantemente simile allo schiavismo più che a quella ideologia del lavoro che nobilitava l’uomo, donandogli dignità? Mi chiedo con quale spirito si possa ancora festeggiare il lavoro, quando per la sua assenza sempre più persone si suicidano, morti così frequenti da essere entrate a far parte della nostra macabra quotidianità, tanto da non fare più notizia, tanto da non suscitare più alcuna reazione/emozione, distratti come siamo dal nulla che ci circonda, dalle mille futilità propinateci come se fossero importanti. Quando per la sua assenza sempre più persone cadono in depressione, o per trovarlo sono costrette a lasciare i loro affetti più cari e ad emigrare all’estero in cerca di miglior fortuna.E mentre l’occupazione è in forte calo, aumentano le morti bianche, aumentano gli infortuni sul lavoro e anche se questi dati sembrano essere in controtendenza e inspiegabili, in realtà tali dati, che poi dati non sono, perché dietro i freddi numeri ci sono persone, esseri umani, che hanno perso la vita o che hanno subito infortuni invalidanti, per il semplice motivo che per aumentare i profitti le aziende, oltre a tagliare gli stipendi e ad aumentare le ore lavorative, oltre a togliere diritti e dignità ai lavoratori, hanno tagliato anche sulla sicurezza sul lavoro, complice uno stato volutamente assente, colpevole uno stato che legifera ma non controlla che le norme vengano rispettate.Mi chiedo con quale spirito si possano ancora festeggiare i lavoratori, quando sempre più spesso ingrossano le fila del precariato, con l’ansia della scadenza del contratto, con l’angoscia dovuta all’incertezza del rinnovo dello stesso e per questo sempre più ricattabili, per questo sempre più merce di scambio tra agenzie e aziende che speculano parassitariamente su tali stati d’animo.Per essere considerati dei buoni lavoratori oggi, infatti, bisogna trasformarsi in lavoratori a chiamata, diciamo pure in lavoratori a squillo, che si adattino in tempo zero ad ogni realtà lavorativa, ad ogni tipo di turnazione e mansione con stipendi al di sotto del minimo sindacale, sempre sani come un pesce, che non conoscano mutua, ferie ROL o PAR, quindi sempre presenti, che non rivendichino diritti ma che si sottomettano ai doveri e tutto questo chi parla bene la definisce flessibilità, sì una flessibilità a 90° sempre più inaccettabile, perché tendente a ledere la dignità dei lavoratori in quanto persone e non semplici strumenti di lavoro, da sfruttare al massimo per aumentare i profitti dei vari sciacalli travestiti da imprenditori. Cosa c'é da festeggiare in tutto questo???