Riflessioni

LA MORTE TRA IL SACRO E IL PROFANO


La morte, qualcuno afferma che nel momento stesso in cui nasciamo iniziamo a morire, inneschiamo cioè quel processo degenerativo chiamato vita che ha come ultimo fine per l’appunto la morte.La morte, tra il sacro e i il profano, celebrata e “festeggiata”, ci spaventa e ci affascina avvolta com’è in quell’alone di mistero che si fonde e si confonde tra religione e superstizione, tra macabro e mistico, tra il trascendentale e l’immanente, tra ciò che è e ciò che potrebbe essere, fino a sfociare nelle credenze popolari che affondano le loro radici nella notte dei tempi.La morte quindi, in base alla tendenza che prevale in noi fra quelle elencate sopra, viene vista come un punto di passaggio verso altre forme di esistenza o come il punto in cui tutto cessa.Io personalmente, vorrei credere che la morte non sia altro che la porta tramite cui entrare in un'altra dimensione, diversa da quella attuale, senza per forza dover ricorrere all’immagine del paradiso o di altre simili cose, inculcatemi dalla religione, mi piacerebbe poter credere che chi ci ha lasciato possa entrare in contatto con noi, farci sentire la sua presenza in modi diversi, ma la mia parte razionale mi porta a credere che la morte rappresenti la fine di tutto, che non vi sia nulla dopo se non l’eterno oblio. Una credenza la mia in netto contrasto con quello che è il comune pensare, che ha di fatto creato il culto della morte, semplicemente perché l’essere umano non si rassegna all’idea che la sua esistenza debba ad un certo punto cessare, ecco da dove nascono i rituali funebri, la promessa della vita eterna per indottrinare le masse e assoggettarle ad una religione o a una setta, il rispettare più i morti che i vivi. Vivere in pratica nell’attesa che si avveri il mito della resurrezione