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02.maggio.2016


La vita mi ha insegnato che ci si rialza sempre. Il prezzo che si paga però, è altissimo.
Ed è ad un passo dal cinismo. Bisogna essere molto attenti e camminare sul filo. La notte in cui è morta mia madre, ho realizzato che la forza che pensavo di avere, era assai più grande di quella che immaginavo.E questo non è un delirio. La morte di mio padre mi aveva già segnata. Marchiata come un tatuaggio. Non estetico, chiaramente. Ma se dovessi immaginarlo direi: un’incisione di tipo numerico. Che rappresenti l’intensità del dolore in decibel. Come se fosse possibile misurare il dolore con un urlo d’angoscia la cui sola eco rompe il muro del suono. Un fragore che rompe i vetri tutto intorno. Che fa tremare la terra sotto i piedi.Un dolore senza ritorno di pace. Con una eco appunto che non diventa mai muta. Un numero inciso negli occhi che vedo tutti i giorni proiettato nella mia immagine allo specchio. Un male che il paradosso vuole che impari ad amare. Perché solo quando lo ami, lo domini. Se lo ami lo affievolisci. Impari a gestirlo e lui diventa forza.Quella forza che sapevo di avere la notte in cui appunto è morta anche mia madre. Quella forza che nuda era un dolore, ma che rivestita era vigore. Consapevolezza di saper amare anche quel dolore. Ancora una volta.Bisogna trasformare la sofferenza.Anche questo ho imparato.Bisogna stare attenti però, il disprezzo per la vita e le persone e le cose e le parole è attraente, come una tentazione....e il rischio della trasformazione passa per quella lusinga e seduzione.