VoceProletaria

Giappone e Libia: due disastri umanitari.


da www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=23731Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova I nostri cuori sono lacerati da due disastri umanitari: uno in Giappone, l’altro in Libia di Dr. Kiyul Chung,  16.03.2011 Il Dr. Kiyul Chungè redattore capo di “4th Media” e Visiting Professor presso la “Tsinghua School” di giornalismo e comunicazioni di Pechino, Cina.  Pechino: Il “4th Media” esprime le più sincere condoglianze a tutti coloro che soffrono per il numero purtroppo ancora completamente sconosciuto di vittime, nel più grave disastro del Giappone. I cuori e le menti dei popoli in tutto il globo sono lacerati da grande sgomento, shock e profonda tristezza di fronte alle notizie devastanti prodotte dalla tragedia di gran lunga più disastrosa subita dal Giappone, a partire dal terremoto per la prima volta di magnitudo 9.0, accompagnato dallo tsunami, e poi dalle vicende ogni giorno di più orripilanti (ancora completamente da ben comprendere, e di cui non se ne scorge la conclusione) di una imminente catastrofe nucleare nelle centrali di Fukushima Dai-ichi. Tutti i nostri pensieri e sentimenti, insieme con le nostre sincere espressioni di cordoglio e di solidarietà, sono rivolti innanzitutto al numero ancora imprecisato di vittime in quelle aree di crisi che sono state tanto gravemente danneggiate (perfino tutta una città completamente spazzata via) da un disastro naturale (terremoto e tsunami) e / o da una calamità prodotta dall’azione dell’uomo (quella nucleare). Auguriamo a tutti una rapida e completa ripresa dopo queste esperienze strazianti per la perdita di persone care, per le ferite o malauguratamente per le contaminazioni procurate dall’esposizione alle particelle e ai gas radioattivi emessi da queste centrali nucleari, che si sono guastate con esiti che potrebbero risultare catastrofici. Anche noi confidiamo sinceramente che tali crisi nucleari, purtroppo originate dall’uomo, che sono andate a sommarsi alle calamità naturali in Giappone, possano essere controllate e risolte quanto più velocemente possibile, in modo che il governo giapponese, insieme con l’aiuto sincero di altri paesi che si faranno avanti con sostegno concreto e progetti nello spirito di solidarietà, sia in grado di gestire l’attuale situazione disastrosa in tempi immediati. Dagli incidenti catastrofici del passato dovrebbero derivare importanti insegnamenti Tuttavia, nel frattempo, sperando che questa saga tragica e dolorosa giungerà finalmente al suo termine, la maggior parte delle persone normali di questo mondo, che cercano di convivere felicemente, in pace e in comunanza con gli altri esseri umani, ritiene che l’umanità dovrebbe apprendere questa volta insegnamenti veramente preziosi dalle esperienze catastrofiche giapponesi, in particolare dalle tragedie causate dall’azione dell’uomo. Le lezioni, che tutta l’umanità ora deve imparare, dovrebbero essere radicalmente apprese in modo diverso da quelle che avremmo dovuto imparare dagli incidenti di Three Mile Island (1979 negli Stati Uniti) e dal disastro nucleare di Chernobyl (1986 nella Repubblica Socialista Sovietica Ucraina SSR, oggi Ucraina). Questo altro disastro nucleare in Giappone, sempre dovuto all’azione dell’uomo, evidentemente dimostra che il mondo non ha imparato nulla da quelle gravi vicende della storia. Invece, quello a cui noi assistiamo oggi nel nostro mondo, per quanto riguarda la questione del nucleare in generale, e in particolare dei fortuiti disastri nucleari e dei sistemi degli armamenti atomici, sembra decisamente identico ai problemi che avevamo allora negli anni ’70 e ’80. È evidente che le lezioni non sono state apprese con la dovuta serietà e non sono state adottate le opportune misure, azioni e modifiche di prevenzione. Ecco un esempio caratteristico per dimostrare che il mondo non ha imparato nulla da tutti i disastri nucleari procurati dall’uomo nel passato. Tom Zeller, Jr. nel suo articolo del 16 marzo sul New York Times sostiene che le autorità di regolamentazione dei governi nazionali delle potenze atomiche e le imprese nucleari non hanno fatto abbastanza per impedire che disastri di questa natura abbiano luogo: “Avvertimenti erano stati lanciati in modo ripetuto e forte, già nel lontano 1972: se in un reattore nucleare “Mark 1” [di produzione General Electric GE] i sistemi di raffreddamento non avessero funzionato, il vaso di contenimento primario che circonda il reattore sarebbe probabilmente esploso appena le barre di combustibile all’interno si fossero surriscaldate. Radiazioni pericolose si sarebbero diffuse sull’ambiente.” Ora, gli 8 reattori che a Fukushima costituiscono il complesso della centrale nucleare sono stati costruiti dalla General Electric (GE) negli Stati Uniti. Secondo l’editoriale del New York Times del 15 marzo, esistono 30 centrali nucleari nei soli Stati Uniti (tuttavia, sostiene Zeller che il loro numero è di 23 anziché 30). Sono molto uguali o simili a quelle del tipo di centrali della General Electric presenti in Giappone. Si nutrono seri dubbi sulla sicurezza stessa di questi 30 impianti presenti negli Stati Uniti: “Con gli Stati Uniti intenzionati a dare sviluppo all’energia nucleare dopo decenni di stagnazione, sarà importante rivedere le norme e gli standard di sicurezza. Circa 30 reattori americani sono stati progettati in modo simile ai reattori danneggiati in Giappone. Diversi reattori di questo nostro paese sono situati vicino faglie geologiche, in zone costiere raggiungibili da tsunami o in aree potenzialmente vulnerabili alle inondazioni.” “Complesso Militar-Industriale”: nato per generare catastrofi La questione del disastro nucleare procurato dall’uomo non è una novità in assoluto. È stato così da sempre, da quando le imprese per la costruzione di centrali nucleari o di armi atomiche (insieme di imprese individuato altrimenti con il famigerato “complesso militar-industriale”) e, naturalmente, di tutti i tipi di “armi di distruzione di massa”, hanno vista la luce per la prima volta nella storia umana a metà del secolo scorso. Fin dalla loro introduzione nel mondo degli affari umani, questo è un dato di fatto, tale tragedia, originata per mano umana e sorta per generare catastrofi, è diventata componente della vita quotidiana dell’uomo. Non importa se ci rendiamo conto o no di questo, è la realtà ad essere mortalmente seria, come lo possiamo riscontrare oggi in Giappone. Come l’ex presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower metteva in guardia nel suo Discorso di Commiato del 1961, l’intera umanità è diventata sempre più schiava di questo “complesso militar-industriale”, di questo complesso di imprese, per alimentare i loro profitti astronomici. Pertanto, la questione nucleare nella sua globalità, che oggi crea nel mondo profonda preoccupazione, non dovrebbe limitarsi solamente a questi disastri nucleari accidentali. Ci sono anche problemi nucleari di gran lunga più gravi e letali, a cui il mondo deve guardare. Uno dei peggiori esempi è rappresentato dalla infame dottrina militare dell’ex presidente degli Stati Uniti G.W. Bush, del “preventivo uso di armi nucleari contro stati non-nucleari.” Come ben risulta, questa aggressiva, provocatoria e arrogante, e quindi catastrofica, dottrina dell’era Bush è diventata la politica ufficiale del governo degli Stati Uniti. Due tipi di realtà da Giorno del Giudizio provocate da catastrofi opera dell’uomo. L’uomo di oggi convive con due tipi di realtà da Giudizio Universale (non più nella loro fase teorica!) originate da queste catastrofi opera dell’uomo: una è rappresentata dagli incidenti disastrosi come quelli avvenuti nelle centrali atomiche di Three Mile Island, di Chernobyl, e oggi a Fukushima; l’altra dalle aggressioni strategiche militari con il “preventivo uso di armi nucleari”, in particolare da parte degli USA. Inutile discutere, sia i fortuiti incidenti nelle centrali nucleari che l’uso strategico delle armi atomiche sono fondamentalmente interconnessi o intrecciati con i profitti affaristici incalcolabili a favore di circa una dozzina di imprese globalizzate del Complesso Militar-Industriale, in particolare delle cinque più importanti compagnie presenti negli Stati Uniti. Quindi, prima che sia troppo tardi, come noi stiamo sperimentando oggi dal Giappone, per evitare queste realtà apocalittiche, che potrebbero derivare dalla manipolazione catastrofica di materiale radioattivo da parte delle nazioni più ricche e dalle imprese nucleari globali, anche le imprese affaristiche di armi nucleari devono ugualmente costituire le questioni più urgenti in questo nostro mondo, e tutti gli organismi internazionali che si suppone essere responsabili, come l’AIEA, le devono affrontare. [AIEA, Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica] Oltre al numero ancora completamente sconosciuto di armi atomiche, che potrebbero spazzare via l’intero pianeta, bastanti non per una volta sola ma almeno per più di dieci volte, il mondo nel suo insieme è ormai, più che in qualsiasi altro momento della sua storia, gravemente consapevole che, in una condizione oggettiva, le centrali nucleari, la cui presenza era stata definita “di completa sicurezza”, non lo sono veramente del tutto. L’informazione tecnologia mediante Internet aiuta la gente comune a saperne di più su quello che i governi e / o i funzionari delle imprese riferiscono al pubblico. Sembra che gli insabbiamenti intenzionali riescano difficilmente a nascondere la verità, che deve essere raccontata comunque. Pertanto, l’editoriale del New York Times del 15 marzo lanciava un monito troppo morbido o lieve. Non era opportunamente preoccupato! Più probabilmente è risultato addirittura inutile. In questo ultimo mezzo secolo, non vi è dubbio che il mondo è stato dominato dalla dottrina che “la guerra è il miglior affare.” Oggi, è ancora “un affare, come al solito.” Mi chiedo se avverranno cambiamenti significativi e reali, a conclusione un giorno anche della tragedia giapponese scatenata dall’uomo. Ancora una volta, senza dubbio, le imprese degli armamenti a livello mondiale governeranno il mondo. Questa sorta di mite avvertimento lanciato dal New York Times rischia di concludersi in un’altra mistificazione, a precedere quelle delle sempre più potenti lobby onnipresenti del complesso militar-industriale globale, con sede negli Stati Uniti. Un altro disastro procurato dall’uomo, in Libia Come è stato già fatto in Iraq nel 2003, questo colosso catastrofico costituito dalle fabbriche di armi (il colosso militar-industriale) e dalle compagnie petrolifere usamericane e occidentali è in procinto di scatenare un altro disastro, a misura del conseguimento di un ulteriore profitto incalcolabile, attraverso un’altra invasione militare. Ma questa volta, nella preparazione di questa guerra, il loro piano sembra molto più sofisticato, furbo e astuto che nel passato. Quindi tutto ciò risulta molto più ingannevole rispetto alla situazione irachena. E in termini di ipocrisia, siamo ancora sullo stesso piano, se non a livelli superiori! Ora tocca alla Libia. Tuttavia, come erano già passati all’azione contro il leader iracheno Hussein, gli imperialisti hanno magistralmente ingannato letteralmente il mondo intero ancora mediante “una guerra di massiccia informazione” contro il leader libico Gheddafi. Prima dell’invasione militare da parte degli USA/NATO, soprattutto al fine di giustificare la loro agenda militare ed economica, hanno sparso per tutto il mondo disinformazione maligna e pericolosa, disinformazione e / o assolute menzogne sulla situazione libica! Perché? Naturalmente, tutto è di nuovo orientato ad una tipica campagna di demonizzazione, ora contro Gheddafi, come gli Stati Uniti hanno già fatto contro Maurice Bishop di Grenada, Manuel Noriega di Panama, l’iracheno Saddam Hussein, Fidel Castro di Cuba, il venezuelano Hugo Chavez, Kim Jongil della Corea del Nord, l’iraniano Mahmoud Ahmadinejad, il russo Vladimir Putin, l’intera leadership collettiva della Cina e così via, e così via. La potente “guerra dell’informazione” messa in atto da Stati Uniti/NATO è sembrata riscuotere molto successo fino a questo momento, visto che ha già conseguito dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU sanzioni contro la Libia. Tuttavia, l’amministrazione Obama non è passata ancora all’azione diretta. Sembra come se costoro siano preoccupati per ulteriori perdite umane. Sembrano addirittura “indecisi”, secondo diversi analisti israeliani e di altri media filo-statunitensi, che hanno criticato il presidente Obama per la sua cosiddetta “inerzia.” Inoltre, questa volta, tutto sembra un po’ diverso dalla loro precedente invasione irachena. Devono aver imparato qualcosa dalla fallimentare esperienza del 2003, che è risultata disastrosa per quanto riguarda la loro campagna di pubbliche relazioni della guerra. Quindi, questa volta, sembrano dedicare più tempo per preparare la loro invasione. Gli Stati Uniti sembrano cercare di coprire le loro reali intenzioni come meglio possono, giocando la carta della “no-fly zone.” L’invasione militare USA/NATO: un altro disastro “umanitario”, come in Iraq Durante le calamità naturali e artificiali patite dal Giappone, quando l’attenzione del mondo intero era tutta concentrata sui tentativi per impedire la catastrofe nucleare, si è verificato uno di quei silenziosi insabbiamenti delle notizie, quando il 14 marzo la Lega Araba dominata dagli USA invocava la cosiddetta “no-fly zone” sopra la Libia. Al fine di ingannare ancora il mondo, l’aver portato da parte degli Stati Uniti facilmente al loro fianco la Lega Araba sotto il loro controllo (quindi come istituzione “venduta”), è stato un comodo presupposto per l’invasione militare pianificata dagli USA/NATO contro una nazione sovrana. Nel suo recentissimo articolo sulla Libia (“Operation Libya” and the Battle for Oil: Redrawing the Map of Africa – Operazione Libia e la battaglia per il petrolio: ridisegnare la carta geografica dell’Africa ”), il prof. Michel Chossudovsky accusa gli Stati Uniti dei loro propositi imperialisti. Egli esorta il mondo a capire la storia imperialista degli Stati Uniti. Ricorda ai lettori la “Relazione 2000 del Progetto del Nuovo Secolo Americano”, dal titolo “Ricostruire le difese dell’America”, che raccomanda “l’attuazione di una lunga guerra, una guerra di conquista.” Inoltre, Chossudovsky sostiene che “uno dei principali componenti di questa agenda militare è: combattere e vincere in modo decisivo molteplici e simultanee guerre di teatro.” Per portare a termine questo piuttosto lungo editoriale, ho intenzione di presentare l’ultima conclusiva sottolineatura di Chossudovsky, accompagnata da una citazione di Lesley Clark, ex comandante in capo della NATO, a proposito dell’agenda militare statunitense in Medio Oriente e nella regione del Nord Africa. “La Libia è sotto tiro in quanto è uno fra i tanti altri paesi esterni alla sfera di influenza dell’Usamerica, che non siano conformi alle richieste degli Stati Uniti. La Libia è un paese che è stato selezionato come parte di una “road map” militare, che consiste nelle “molteplici e simultanee guerre di teatro.” Questa la dichiarazione del generale Clark, ex comandante in capo della NATO: “Nel novembre 2001, al Pentagono, uno dei più alti ufficiali militari trovava l’occasione per un colloquio informale. Sì, eravamo ora in pista per andare contro l’Iraq, affermava. Ma c’era di più. Questo intervento era stato oggetto di discussione come parte di un piano di azione quinquennale, ribadiva, che prendeva in considerazione un complesso di sette paesi, a cominciare dall’Iraq, e poi Siria, Libano, Libia, Iran, Somalia e Sudan.” (Wesley Clark, Winning Modern Wars - Vincere le guerre moderne , p. 130). Articolo riferito al prof. Chossudovsky: http://en.m4.cn/archives/5710.htmlFonti relative al Complesso Militar-Industriale MICs:http://www.globalissues.org/article/74/the-arms-trade-is-big-businessArticoli di Kiyul Ghung: Global Research Articles by Kiyul Chung