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Ballottaggio. Chi ha vinto e chi ha perso.

Post n°942 pubblicato il 03 Luglio 2015 da VoceProletaria

Ballottaggio Unibo. Chi ha vinto e chi ha perso.
Emerge la parte offesa dei sei anni di rettorato Dionigi.

   Carissimi,
voglio inviarvi le mie ultime considerazioni dopo il voto finale per l’elezione che ha visto emergere il nuovo Rettore dell’Università di Bologna, Francesco Ubertini.
   Non per vanità, ma solo per economicità di spazio e di parole, mi avvarrò dell’ausilio dell’intervista che ha pubblicato il Corriere di Bologna e che riporto qui in allegato.
   Ciò mi consente di dettagliare alcuni aspetti che nel pur fedele, ma comunque succinto articolo non compaiono.
   Il grafico del voto disaggregato, del primo turno così come del ballottaggio, mostra e dimostra quanto avevo già ipotizzato e comunicato in precedenza basandomi su personali indagini di clima, ragionamenti politici, ma anche consultazioni con compagni docenti esperti in materia statistica. In poche parole, un mix di fiuto  politico unito ad evoluzioni e proiezioni numeriche provenienti dalle recenti elezioni RSU e poi di Senato e Consulta del Personale TA. Che dire… una conferma dopo l’altra a testimonianza di una corretta impostazione politica.

Il baronato, ancora una volta…
   Se c’è un vero segno di continuità e di caparbia conservazione nel voto universitario, esso si rintraccia ancora una volta nel voto della componente docente.     Se oggi fosse ancora in vigore l’apartheid del personale TA e degli studenti avrebbe vinto Fiorentini.
   Il gradimento di Fiorentini è infatti maggiore e maggioritario tra docenti e ricercatori, mentre minor appeal lo esercita sul personale TA e quasi per niente tra gli studenti, neanche tra quelli dello Student Office (CL, per intenderci) considerati a lui più vicini.
   In ciò io vi leggo un elemento politico di continuità ideologica, oltre che di quella gestionale. Mi si perdoni l’espressione “populista”, ma mi pare proprio l’ideologia dell’appartenenza alla “casta”  baronale.
   Insomma, l’ancien regime, ancora una volta…
   Invece, seppure sottodimensionati con una grottesca “pesatura”  del loro voto, gli studenti, ma soprattutto il personale tecnico amministrativo si rivelano come l’elemento decisivo per la vittoria di Ubertini.

Il risarcimento delle “parti offese”.
   Fin dal primo turno si può notare la diversa distribuzione del voto “ponderato”, ovvero dei TA e degli studenti.
   Qui di seguito le estrapolazioni dalla “ponderazione”  in votanti in carne ed ossa.
   Fiorentini è apprezzato da 561 TA e da 32 studenti elettori; Braga da 139 TA e 6 studenti elettori; Ubertini da 874 TA e 41 studenti; Sobrero da 333 TA e 107 studenti.
   Il tesoretto dei voti ponderati dei due esclusi Sobrero e Braga, come prevedibile ed in coerenza col loro programma, viene indirizzato in larga parte ad Ubertini, ma con diversa composizione.
   Gli studenti elettori diminuiscono tra il primo turno ed il ballottaggio e solo una piccola parte di loro si indirizza su Fiorentini, mentre il grosso di essi premia decisamente Ubertini.
   Il personale TA, invece, aumenta il numero di votanti ed al ballottaggio arriva a sfiorare la quota di 2.000 elettori, per un “peso”  di 359 voti, esattamente quello che era previsto da chi è più “introdotto ai lavori”.
   Sono questi ultimi, più di chiunque altro, a determinare la vittoria dell’outsider e sconfiggere il “favorito dai pronostici e dall’establishement”.
   La vittoria inaspettata dai media e dallo staff di Fiorentini è una sorta di nemesi per i sei anni di gestione Dionigi/Colpani/Fiorentini in cui gli studenti ed il personale TA “proletario” sono state, o si sono sentite, vittime sacrificali di una brutta riforma Gelmini declinata in maniera ancor più brutale di quanto previsto dalla stessa ministra.

Analisi sociologica del voto TA.
   Qui propongo una mia personalissima lettura del nostro voto.
   Sono convinto che esso sia ben distinguibile, soprattutto per censo e in misura più ridotta per ideologia.  Un terzo degli elettori TA coincidono quasi esattamente al numero complessivo di categorie EP e D che godono di Posizione Organizzativa (e relative indennità). Questi, infatti, assommano a circa 600 e rotti in tutto l’Ateneo. A questi si possono aggiungere vari “sottopancia”, ovvero personale che per vicinanza e/o comunanza di ufficio o anche di idee, subisce un forte condizionamento ideologico da parte dell’apparato dirigente in primo luogo.    Sono quelli, in poche parole, che pur essendo proletari di fatto si sentono diversi da questi per  la “cultura” che condividono col  loro capo. In tutto assommano dunque 716 elettori.
   Essi vengono oggi rappresentati da una sigla sindacale “di base” che, tradendo la sua stessa identità e ragione sociale, e seguendo i peggiori esempi di trasformismo politico, si è messa al servizio del padrone.    Brutto epilogo di una storia pur ricca di lotte e di speranze.
   Nonostante le indicazioni di questi novelli ascari ed i loro comunicati ricchi di fango, ben due terzi del personale TA si sono comunque correttamente riconosciuti antitetici agli interessi  del candidato della continuità ed ai suoi interessati sostenitori.
   Per dirla in termini forse oggi desueti, il personale TA ha manifestato in larga misura la sua ritrovata “coscienza di classe”.
   La parte proletaria del personale tecnico, amministrativo, bibliotecario, cel, ovvero quella parte caratterizzata da bassi salari, quella che percepisce e subisce le continue vessazioni ed umiliazioni, la parte che resta impotente di fronte alle incomprensibili “riorganizzazioni”, la parte che è costretta sempre a mobilitarsi per applicare anche i “normali”  diritti, insomma… la parte che NON ha avuto nulla da guadagnare ma solo da perdere in sei anni di rettorato Dionigi, non le ha mandate a dire.
   Ha scelto di cambiare. Radicalmente e direttamente.

Politici mancati e politicisti frustrati.
   Mi ero precedentemente avventurato su un piano politico avanzando alcune considerazioni sul futuro del Comune di Bologna e le future elezioni del Sindaco in relazione agli esiti del voto rettorale. Ebbene, i pronostici sono stati rispettati.
   Dionigi, già dopo il primo turno infruttuoso per il suo delfino, era stato declassato da candidato unico del PD a Sindaco a semplice competitore alle primarie; dopo l’esito definitivamente infausto è del tutto derubricato dall’agenda politica e le sue ambizioni sono praticamente tramontate.
   A meno di improbabili ritorni di fiamma, il sindaco in pectore rientra nei ranghi accademici.

   Gli inediti scherani che si erano messi a servizio del supposto “favorito”, ovvero i sindacalisti “di base” (ma non troppo…), lungi dall’aver ottenuto il successo sperato e le relative e probabili ricompense promesse, dovranno ora affrontare vari problemi, interni ed esterni. Il loro salto della quaglia, infatti, induce a più di una reazione.
   Dalla disdetta della tessera, alle defezioni dai ruoli di rappresentanza, alla critica serrata – più che comprensibile – dei componenti interni, il problema più immediato per i leader del sindacato in oggetto sarà il recupero di una credibilità perduta nel giro di pochi comunicati.
   Questi si distinguevano, fino a pochi giorni fa, per le accuse che rivolgevano a tutti gli altri sindacati in ateneo di “complicità con l’Amministrazione”. Sic!
                                       Il bue che chiamava cornuto l’asino…
   I lavoratori non tesserati, ma che pure si identificavano in essi e li votavano, oggi sanno che dietro tutte le loro accuse, arringhe, denunce etc… si nascondeva la voce del padrone.
   Tanta demagogia, tanto populismo sono oggi almeno svelati.
   Tanta sicumera e tanta dabbenaggine, però…
   In normali contesti sindacali o politici, certe dimissioni sarebbero d’obbligo.
Qui chissà…

Bologna,  03.07.2015                                     p. Proletaria Vox – Virginio Pilò

 

Intervista di Mara Pitari a Virginio Pilò pubblicata giovedì 2 luglio dal Corriere di Bologna.

L'impiegato: «Per noi è stato un referendum sui 6 anni passati»

«Una vittoria di stile». Così è la riuscita di Francesco Ubertini alle elezioni dell'Alma Mater secondo Virginio Pilò, tecnico amministrativo del dipartimento di Ingegneria civile, chimica, ambientale e dei materiali, dove lavora dal 2007.
Il voto degli amministrativi, new entry di queste elezioni, ha fatto la differenza. 
Perchè vi siete schierati dalla parte di Ubertini?
«Sul voto — risponde Pilò — hanno po pesato i sei anni di gestione di Dionigi di cui Fiorentini è stato l'uomo forte. Nonostante i tentativi di prendere le distanze all'ultimo momento, non è risultato credibile».
E' stato un voto anti-Dionigi?
«Si, un referendum sulla vecchia gestione. Eravamo avviliti da sei anni in cui la riforma Gelmini è stata interpretata nel modo più estremo».
Vi aspettavate questo risultato?
«Noi eravamo consapevoli che saremmo stati l'ago della bilancia. Sapevamo l'importanza di arrivare al ballottaggio».
Eravate compatti?
«No, a livello collettivo c'era una pluralità  di voci. Nessuna organizzazione o struttura all'inizio si è schierata compattamente con uno o l'altro dei candidati. Ma dopo il primo turno lo scenario è stato abbastanza chiaro: il personale che aveva votato per Sobrero e per Braga aveva le stesse aspettative di chi aveva appoggiato Ubertini, quelle di un cambiamento. Era chiaro dove sarebbero confluiti i voti degli esclusi».
Fiorentini ha comunque perso per una manciata di voti. E se invece avesse vinto?
«Sarebbe stato come ratificare il vecchio politicismo. Se fino al primo turno hanno giocato tutti con estremo fair play, al secondo tempo la partita è stata percorsa da notevoli falli. Per questo quella di Ubertini è stata anche una vittoria di stile».
Quali i passi falsi?
«Ubertini è stato attaccato pesantemente dal momento in cui è andato al ballottaggio con una campagna a tratti anche diffamatoria da cui trapelava il nervosismo dello staff di Fiorentini ma anche un modo basso di fare comunicazione. Tutto questo ha orientato una parte di voto, consolidando la convinzione che era necessario cambiare».
Cosa dovrebbe fare il nuovo rettore?
«La riforma dello statuto, con all'interno un maggior peso del personale, la stabilizzazione dei precari e una revisione della macchina amministrativa che in questi sei anni è diventata verticistica e confusa».

 

 
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