UN SOGNO INFINITO

CHE GIORNATA INFELICE...


Mi scuso da subito con coloro che leggeranno questo post, ma ho tanto dolore dentro e con le persone attorno a me non riesco a comunicare, provo a farglielo capire, manca solo che lo urli al cielo... ma forse oggi pecco di incomunicabilità. Anche la mia ragazza non comprende, ma sta lì a dirmi solo cosa dovrei fare... anche se le dico che non ne ho voglia. Questa benedetta malattia mi stravolge l'anima. La definisco benedetta poiché non voglio pensare sia una forma di castigo o qualcosa di negativo che sto vivendo, poiché credo nella bontà del creato e di Colui che sta al vertce della piramide della vita. Ma nonostante tutto io ci soffro, cosa devo farci?Questa benedetta (continuo col benedire tutto, sembro un prete oggi) malattia, la retto colite ulcerosa mi ha dato un gratacapo in più. Io ho già sofferto di stenosi intestinale nel 2004 e tra il 2004 e il 2007 ho subito pure degli interventi. Già ero stato operato nell '86 di colectomia totale... rendetevi conto, a 17 anni di età, quando mi fu diagnosticata questa patologia. Poi ho trascorso degli anni di relativo benessere, con ricadute, curate, com'è prassi in questa malattia, col cortisone, la salazopirina, ik pent-Asa ecc. ecc. Ora però il problema si è ripresentato, ed oltre quello anche le aderenze danno noia, specie nella digestione. I problemi della digestione portano ad una subocclusione intestinale. Sono stato ricoverato due volte da maggio di quest'anno ai primi di agosto, per subocclusione intestinale, anche se io ho continuato ad andare al bagno, risolte col digiuno (tre o cinque giorrni) e cortisone. I primi sintomi sono malessere e gonfiore addominale, con abbondanti evaquazioni sempre occompagnate da malessere, talmente abbondanti che mai si potrebbe pensare di restare poi bloccati. A volte si alternano piccole evaquazioni con leggera nausea Doloretti addominali dovuti alla compressione dei gas intestinali.Di solito il livello degli elettroliti salta, ecco perchè si ricorre al ricovero, per ripristinarlo con le flebo. Altrimenti la carenza di qualche elettrolito può causare forti crampi e tremori In questi casi si verifica una forte disidratazione causata dalla perdita e dal ristagno di liquidi. Come accennato per tre-cinque giorni sono rimasto a digiuno completo, neanche un sorso d'acqua, alimentato da flebo. Poi si riprende per gradi. Qualche sorso d'acqua, semolino liquido, semolino più denso e così via, sino a tornare all'alimentazione normale. Anche negli anni passati ho subito altri due ricoveri, uno nel 2010 e uno nel 2009, per lo stesso problema. Adesso non riesco più ad alimentarmi normalmente, mangio, per semplice costrizione, crema di riso ed omogeneizzati. Ho trascorso la convalescenza a casa quest'estate, perché con quel caldo torrido soffrivo ancor di più. Non riesco a mettere peso, sono alto un metro e 70 cm. e peso 47 chili e mezzo. Questa cosa mi crea un vuoto nell'anima che non so come colmare. Anche il raffronto con le mie immagini passate prima del 2004, mi fa soffrire; come mi fa soffrire il raffronto con le persone che conosco e negli anni sono cambiate, magari con qualche chiletto in più... loro, mentre io molti in meno. Dopo il primo intervento del 1986, non avevo mai avuto problemi di peso, col tempo ero tornato al mio peso forma, 65 chili. Ora invece dopo gli interventi del 2004 e successivi, tutto si è complicato. Dopo i ricoveri di quest'estate ho trascorso tanto tempo a letto, guardando il soffitto, per il dolore dell'anima e la voglia di nulla che avevo. Oggi sono uscito un pò a passeggio, ma non ho provato nulla, nè di piacevole, nè di spiacevole, forse per la grande ed enorme rabbia che ho dentro. Non ho più fiducia nel mio gastro enterologo, ma forse la mia è una pretesa che lui possa risolvere dei problemi che in realtà non hanno molte soluzioni definitive. L'omeopata l'ho mollato perchè mi voleva obbligare ad andare da uno psicologo in terapia, un suo amico fidato diceva, che avrebbe collaborato con lui; io non volevo. Così quando mi sono accorto che era seccato per questo, ho deciso che forse non era più il caso di continuare con una persona della quale non avevo più fiducia. Poi era di una arroganza volgare, poichépretendeva che io lasciassi da parte le medicine tradizionali per prendere solamente gli omeopatici, cosa che io non ho mai fatto, ne mi è stata mai chiesta ad esempio dal precedente omeopata, una cosa del tutto improponibile. Così mi ritrovo senza un medico, omeopata, prendo le medicine a mia discrezione, oramai sono 20 anni che prendo omeopatici, poi leggo qualcosa su internet e vado avanti così per ora. Ecco, ho vuotato il sacco, mi sento meglio? Non lo so... non lo so... Per ora penso di accontentarmi, quindi lascio questo luogo non luogo e chiudo il post sperando che lassù qualcuno mi voglia ancora del bene e sappia consigliarmi con una sensazione, un segno, magari apparendomi anche in sogno...Ora pubblico un articolo e ringrazio da subito la redazione di Tiscali per averlo pubblicato, sull'efficacia dell'empatia tra il medico e il paziente... quello che manca a me in questo periodo... L'empatia fra medico e paziente rende le cure più efficaciIl rapporto che i malati, soprattutto quelli cronici, hanno con il proprio medico è molto importante per un buon esito delle terapie, in molti casi cruciale. E' fondamentale, per questo, l'empatia, cioé quella condizione per la quale il medico si sforza di immedesimarsi nel paziente provando a capire più a fondo i suoi problemi. E' quanto dimostra una ricerca della Jefferson University di Philadelphia svolta in collaborazione con la Ausl di Parma e pubblicata sulla rivista Academic Medicine.Lo studio ha preso in considerazione 20.961 pazienti diabetici e 242 medici di base operanti a Parma e provincia. I ricercatori hanno usato la Scala Jefferson dell'empatia (JSE), che misura il livello di empatia nel contesto della cura dei pazienti. Si è scoperto che più c'é empatia tra medici e pazienti e più questi ultimi, malati cronici, riuscivano a tenere sotto controllo i due valori medici presi come riferimento, ovvero l'emoglobina e il colesterolo."L'empatia è un attributo intellettuale, non emotivo come può essere la simpatia, quindi può essere insegnata ai medici – ha detto Vittorio Maio, professore associato della School of Population Health della Jefferson University e co-autore della ricerca –. Questo studio dimostra proprio quanto sia importante educare chi deve intraprendere la professione medica su come relazionarsi con il paziente". "C'é una specificità tutta italiana legata a questa ricerca – ha aggiunto Maio – ed è dovuta al fatto che in Italia il sistema sanitario ha alla sua base i medici di famiglia, che sono una figura importante perché permettono al paziente di avere una relazione diretta e che in altri Paesi come gli Stati Uniti non esistono. Questo – ha concluso – fa funzionare meglio il sistema sanitario italiano".Un saluto a tutti. Alla prossima.