THE_TSUNAMI_SAN

L'ARTE MILLENARIA KUNG FU 6


I templi taoisti, in cui all’epoca si praticava una dottrina ancora permeta
dall’animismo autoctono cinese, furono terreno fertile per lo sviluppo della vasta filosofia a che sta alla base del kung fu. Sorsero così arti al limite della magia, dai nomi misteriosi come fa shu, l’arte nera, yin shen shu, l’arte di far scomparire il corpo, o Mou Shan shu, l’arte dei monti Mou. E’ bene ricordare, comunque, che i maestri che portarono alla ribalta queste arti attingevano a pratiche antiche come la notte dei tempi, di cui loro non erano che i più recenti depositari.Giungiamo così, attraverso un altalenarsi di rivolte e anni di pace, alla grande prosperità della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.). In questo periodo le arti marziali a mani nude vennero chiamate chi ch’iao, “abilità e talento”, oppure shou po, “mano che colpisce a pugno”; risale invece al I sec. d.C. l’invenzione da parte di Kuo I del chang shou, la “lunga mano”, uno stile che ha buone probabilità di essere un antecedente diretto della boxe del tempio Shaolin. Spodestati gli Han, ebbe inizio il Periodo dei Tre Regni (220-280 d.C.), durante il quale le arti marziali vennero notevolmente raffinate e molti eroi ne rimpinguarono le leggende. Poco prima di quest’epoca il medico taoista Hua To (141-208) codificò “il gioco dei 5 animali”, una serie di esercizi fisici ed energetici che prendeva spunto da cinque animali, (secondo altri storici gli animali sarebbero stati dieci): la tigre, l’orso, il cervo, la scimmia a la gru. E’ questa una delle prime testimonianze di ispirazione di una pratica fisica al regno animale, consuetudine che diverrà cara ai maestri di arti marziali.
La tappa successiva nella storia del kung fu concerne l’evento in assoluto più rinomato; si tratta dello stanziamento sul suolo cinese nel anno 527 d.c. del prete indiano Bodhidharma (Ta Mo in cinese), 28° patriarca del buddismo, che è stato considerato erroneamente l’iniziatore dello Shaolin kung fu. di tecniche d’ispirazione yoga, che aiutassero i monaci a meglio sopportare le estenuanti sedute di meditazione. A tal proposito, si attribuiscono a Bodhidharma due trattati di chiara matrice anatomofisiologica: l’ “I Chin Ch’ing” (“Trattato sul movimento dei tendini”) e lo “Hsi Sui Ching” (“Trattato sul lavaggio del midollo osseo”). Non sembra comunque così impossibile che Ta Mo fosse a conoscenza di tecniche di combattimento, essendo egli figlio di un re a per di più provenendo da una delle patrie storiche delle antichissime arti marziali indiane, Madras, nel Kerala.
Ancora più probabile appare il fatto che in quegli anni, nel via vai di monaci indiani in Cina intenti a diffondere il buddismo e monaci cinesi in India per studiarlo, ci sia stato un qualche scambio di conoscenze marziali.Comunque sia andata, cento anni dopo la scomparsa, avvolta nel mistero, di Ta Mo, cominciò a risuonare per tutta la Cina la fama di combattenti formidabili dei monaci Shaolin.
Shaolin Szu (il Monastero della Piccola Foresta) sorgeva sulle pendici di uno dei monti sacri della Cina, il Sung  Shan , nella provincia di Honan; esso era stato eretto nel 496 d.c. dall’imperatore Wen Ti per ospitare il monaco indiano Pa Tuo e probabilmente aveva già ospitato tra le sue mura qualche monaco abile nell’arte del combattimento, oppure qualche esperto guerriero, attratto dalla recente rifioritura della dottrina buddista. Ciò che con maggior probabilità fece Bodhidharma, oltre a dare una svolta determinante al buddismo cinese con la consolidazione della setta Ch’an, fu l’apporto a Shaolin