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IL FASCINO DELLA VIRTUALITA'


Lo sconosciuto c’ha messo meno di una settimana per riuscire a spillarmi il numero di telefono. Gliel’ho inviato con una mail, scritto a caratteri cubitali. Ho cercato di fare la preziosa, di tirarmela, ma con lui le mie classiche strategie, estrapolate dal “manuale della seduttrice”, sono andate tutte in fumo. Dopo lavoro correvo al computer per cercare una sua mail tra le tante arrivate, vedere se magari fosse in chat o in linea su Messenger. Come una droga a cui non potevo più rinunciare. I primi giorni si era fatta una stupida scommessa, per la quale chi avesse perso, avrebbe dovuto sottostare a un qualsiasi desiderio dell’altro. Con astuzia e furbizia ho barato, quel che speravo era che in quelle settimane perdesse la testa per me, questa era la mia personale scommessa. E sono andata a segno… Meraviglioso sapere che il mio modo di scrivere gli causava giramenti di testa (…in senso buono ovviamente!) e la mia presenza virtuale lo mandava su di giri. Una cosa reciproca però, così tanto da dare inizio a un vortice di sensazioni strane e indescrivibili. Ho titubato vedendo la sua foto. Non era affatto il mio tipo, ma era impossibile resistere all’incantesimo che ormai si era costruito attorno a noi. Rapporto strano. Il mio Cicci ed io la sua Cicci. Della nostra vita reale sapevamo il minimo indispensabile. Ma molte passioni in comune, tra cui la Juventus. Lui che girava l’Italia per lavoro, io che lo accompagnavo con le mie telefonate per non lasciarlo solo mentre di sera rientrava a casa. L’unico che dalla punteggiatura dei miei discorsi riusciva a capire che qualcosa non andava e il mio morale era a terra. Lui che quando mi ha detto la  prima volta ti voglio bene, mi ha fatto piangere come una bambina. L’unico che è riuscito in pochi mesi a scacciare tutte le fisime radicate da troppo tempo nella mia testa. L’unico che mi ha fatto rifiorire da un inverno che aveva gelato ogni speranza di tornare a sentirmi viva. Una lucente cometa che ha attraversato la mia vita e che non dimenticherò mai, per le sue singolari sfumature, ma non solo. Il mio chiodo schiaccia chiodo. Così indelebile da tatuarmelo sulla pelle, così che il suo ricordo sia sempre fermo lì, poco più su del mio fondoschiena.