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Eros


Eros è una figura della mitologia greca, il dio dell'amore. In origine non rappresentava un dio, ma una forza ed un'attrazione: con Omero rappresenta l'attrazione irresistibile che due esseri sentono uno per l'altro e che può arrivare a privarli della ragione o addirittura a distruggerli. Con Esiodo, Eros si trasforma in un dio, ma non è il classico fanciullo paffuto, che vola qua e la scoccando frecce d'amore, ma una divinità primordiale, antica come Gea (la Terra) stessa. Non è figlio di Afrodite, ma il suo compagno di ogni momento. La sua potenza è terribile, poteva causare danni a cui nessuno avrebbe potuto porre rimedio, né uomini né dei. Da questa concezione, la figura del dio si trasformò in una divinità dell'amore, ma il pericolo che rappresentava era riconosciuto anche ai tempi di Euripide, che lo cita in un coro di Ifigenia in Aulide rievocando le sue frecce in senso figurato. Il potere di Eros non aveva limiti, egli era l'elemento attivo dei primordi dell'universo. Per questo era adorato a Tespi sotto forma di una pietra grezza. Vi sono diverse versioni della sua genealogia. A volte viene considerato figlio di Afrodite generato con Zeus o con Ares o con Ermes oppure da Ermes e Artemide. Una tarda leggenda di origine poetica lo definiva figlio di Iride l'arcobaleno e del vento dell'Ovest. Più spesso è detto figlio di Afrodite e Ares o divinità primordiale. Per personificare le diverse forme che può assumere, gli vengono attribuiti a volte dei fratelli, come Anteros, che personifica l'amore corrisposto. Un tardo racconto lo indica come lo sposo che Psiche non avrebbe mai dovuto vedere in volto. In Platone e precisamente nel Simposio è descritto come figlio di Penia (mancanza) e Poros (ingegno). Eros rappresenta così la ricerca di completezza che causa l'amore e le mille astuzie a cui sono pronti gli amanti per raggiungere i loro scopi amorosi.Una leggenda narra che Cupido e di Psiche, ragazza mortale, erano stretti da una profonda amicizia, ma Venere, gelosa della bellezza di lei, ordinò a Cupido di punire la superba mortale. Cupido, invece, si innamorò profondamente di lei, la sposò, ma, da ragazza mortale aveva il divieto di guardare il suo sposo. Psiche viveva felicemente, fino al giorno in cui le sue sorelle la convinsero a guardare Cupido, il quale la punì andandosene. Il castello e i meravigliosi giardini dove prima abitavano felici scomparvero insieme a lui e Psiche si ritrovò sola in un prato.Disperata, si mise a cercare il suo amore, e nel suo cammino si imbatté in un tempio di Venere. La dea era ancora intenzionata ad annientare la ragazza, e la sottopose a una serie di prove sempre più impegnative e pericolose. Come ultima, a Psiche venne data una piccola scatola che doveva portare nel regno dei morti. Venere le disse di prendere un po' della bellezza di Proserpina, la moglie di Plutone, e di metterla nella scatola. La dea le consigliò di fare molta attenzione e di evitare assolutamente di aprire la scatola. Ma Psiche non resistette alla tentazione e la aprì, e invece di trovare una parte della bellezza di Proserpina trovò un sonno mortale.Cupido trovandola senza vita, riprese il sonno dal suo corpo mortale e lo ripose nella scatola.Cupido e Venere perdonarono Psiche, e per premiarla per l'amore dimostrato la elessero a dea.