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Il lupo


Il Lupo italiano è ormai abituato a convivere con alte densità umane e con le molteplici attività antropiche con le quali ha imparato a trovare compromessi. La sua attività è concentrata nelle ore notturne. Di giorno riposa nelle aree meno disturbate del suo territorio, che ha una dimensione media di 150-250 Kmq. Il Lupo percorre non più di una decina di chilometri per notte, mentre i giovani possono percorrere distanze molto più lunghe. Anche se mancano buoni dati per l’Italia (un solo caso di 85 Km percorsi in una settimana), il Lupo ha una capacità di spostamento e ricolonizzazione sufficiente per comparire sporadicamente quasi in ogni parte della penisola. Ciò spiega la presenza anche in tempi e luoghi nei quali la specie di fatto non vive in forma stabile.La popolazione di lupi in Italia ha subito, negli ultimi venti anni, notevoli cambiamenti sia nel numero che nella distribuzione. Da una stima di circa 100 animali nei primi anni ‘70 si è passati ad una attuale di 400-500 animali. Ancora più importante è l’aumento dell’areale di distribuzione che oggi occupa sostanzialmente tutta la catena appenninica dalla Calabria alle Alpi Marittime ed anche la catena alpina almeno fino a tutta la Valle Stura in Piemonte. Questa espansione è in continua evoluzione, ed è probabile che la specie continui ad allargare il suo areale verso nord ricolonizzando gradualmente tutte le Alpi franco-italiane e presto anche italo-svizzere. La popolazione italiana è stata in passato descritta come sottospecie distinta, ma recentissime analisi hanno dimostrato che la distanza genetica del lupo italiano dalle altre popolazioni europee è nei limiti di una normale variabilità intra-popolazionale. La genetica ha messo in luce anche una caratteristica unica del Lupo italiano che permette il suo riconoscimento attraverso il DNA mitocondriale.
Nonostante l’espansione geografica e demografica, il Lupo italiano continua ad .essere una specie minacciata per almeno due ragioni: la prima è l’alto numero di esemplari abbattuti illegalmente in Italia (15-20% della popolazione totale), la seconda è la forma dell’areale di distribuzione che è allungato sulla catena appenninica e frammentato da aree di qualità molto diversa tra loro. Il bracconaggio resta il principale fattore di controllo della popolazione, con tempi e modi che spesso pongono seri problemi di conservazione delle piccole popolazioni locali. In particolare risulta estremamente dannoso l’uso di bocconi avvelenati. Ciò comporta dei vuoti importanti nella continuità degli areali e pone seri ostacoli al rimescolamento delle popolazioni. Questi vuoti lasciano spazio ai cani randagi e rinselvatichiti che, se riescono a stabilire dei forti nuclei locali, impediscono la ricolonizzazione da parte del Lupo. Il bracconaggio avviene da parte di allevatori in difesa del bestiame domestico e di cacciatori. La sopravvivenza del Lupo non è legata alla carenza di fonti alimentari adeguate che in Italia non mancano, sia nella forma di ungulati selvatici che di bestiame domestico o rifiuti (a seconda delle aree), né dipende dalla disponibilità di aree di rifugio sufficienti ad offrire spazi al riparo dal disturbo umano.Fonte: WWF