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Scoperta una città sconosciuta


Batrawy venne incendiata dai nemici. I resti delle mura di cinta su una rupe alla periferia di Zarqa. L'equipe di archeologi italiani: è del terzo millennio a.C. Tre anni fa i primi scavi.Una città finora sconosciuta è stata scoperta in Giordania. Risale al III millennio a. C. l'epoca in cui nel Levante fiorivano le prime città come Ebla, Gerico, Megiddo. Ma questa città, Khirbet al-Batrawy, non sta come le altre tra pianure fertili bensì ai limiti del deserto. Prova per la prima volta che già nel III millennio a. C. i popoli del Levante frequentavano il deserto. Che il fiume Giordano non era la barriera tra la civiltà e il nulla, come si è detto finora. Quel "nulla" era in realtà abitato. A est del Giordano si percorreva la valle del suo affluente Zarqa fino alla città porta del deserto. Oggi una rupe ai limiti della periferia della città di Zarqa, nota solo per le sue industrie, lo storico campo profughi palestinese, e per essere la patria di al-Zarqawi. E la rupe è brulla e abbandonata, benché domini valle e deserto. Destinata a essere invasa dalle abitazioni se non vi fossero giunti nel 2004 gli archeologi dell'università di Roma "La Sapienza". "Siamo saliti lì al tramonto, e abbiamo visto cocci ovunque. E poi chiari allineamenti di pietre: erano le mura della città", racconta il direttore della missione Lorenzo Nigro. Dopo i primi avvistamenti, Nigro e i suoi collaboratori, Maura Sala e Andrea Polcaro (tutti allievi di Paolo Matthiae lo scopritore di Ebla), sono tornati nel 2005 decisi a indagare. E, insieme ai colleghi giordani, hanno subito messo in luce mura di cinta che circondano l'intera altura, spesse 4 metri e alte 3 (ma in origine raggiungevano forse i 10 metri) e intervallate da torri possenti. Poi nel 2006 hanno trovato l'ingresso principale alla città, e all'interno delle mura un grande edificio e un tempio. "Il tempio tipico della Palestina dell'età del bronzo, con di fronte la piattaforma circolare per i sacrifici", continua Nigro. Oramai non c'erano più dubbi, Batrawy era una città. Con tutti gli edifici che fanno una città. Una roccaforte destinata a tenere a bada nemici importanti e agguerriti. Che vi giunsero comunque verso il 2300 a. C. La distrussero e le diedero fuoco, perché non risorgesse più. Assieme a lei scomparvero forse anche gli avamposti e castelli che gli archeologi stanno individuando lungo le due vie carovaniere che da Batrawy portavano in Mesopotamia e in Arabia. Saranno l'obiettivo principale della prossima stagione di indagini. Ma parecchi sono già segnati nella mappa, tutti tell (collinette) in fila uno dopo l'altro a intervalli quasi regolari. "Allora in Arabia il cammello non c'era ancora, ma si utilizzavano gli onagri viaggiando probabilmente nella stagione invernale quando si trovavano riserve d'acqua"; osserva Nigro. Così si andava di castello in castello. Un sistema strettamente dipendente da Batrawy che controllava le vie e probabilmente esigeva pesanti dazi. Quando Batrawy cadde, crollarono anche i castelli. Nigro lo chiama domino collapse. Effetto domino. E le vie del deserto svanirono nel nulla.Fonte: Archeogate