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I misteri di Tiwanaku


“I costruttori di queste grandi fondamenta e fortificazioni ci sono ignoti, né sappiamo quanto tempo è trascorso dall’epoca loro, dal momento che oggi scorgiamo solo mura di raffinata fattura, erette secoli e secoli fa. Talune di queste pietre sono consumate e in rovina, e ve ne sono altre talmente imponenti che viene da chiedersi come poté la mano dell’uomo trasportarle fino a dove oggi si trovano. Oserei dire che si tratta delle antichità più vetuste di tutto il Perù … Ho chiesto ai nativi se risalissero al tempo degli Incas, ma gli indigeni, ridendo della domanda, mi hanno ripetuto ciò che ho già detto: vennero costruite prima del regno degli Incas; ma non sapevano indicare o ipotizzare chi o perché le avesse erette”Pedro Cieza de Leon, 1549 A quando risale Tiwanaku? Fino ad ora gli archeologi hanno potuto identificare tre principali fasi nella cultura Tiwanaku, denominate aldeana (o formativa), classica e finale (o espansiva), succedutesi a partire dal 1500 a.C. fino al 750 d.C. circa. Si tratta tuttavia di datazioni che, per ammissione delle stesse autorità archeologiche boliviane, riguardano principalmente i manufatti ceramici, mentre risulta difficile stabilire una data anche solo approssimativa per le strutture in pietra.Un ulteriore aspetto degno di nota è l’incomprensibile sviluppo urbano di Tiwanaku. Si tratta di un aspetto non privo di implicazioni sul problema della datazione, e che pare suggerire un’origine ben più antica del sito come centro cerimoniale.In netto contrasto con la geometrica precisione dei suoi edifici e con gli accurati orientamenti astronomici, l’abitato di Tiwanaku sorse senza il minimo progetto urbanistico e in modo apparentemente casuale. Diversamente dai centri Wari, veri capolavori di pianificazione urbana, dotati di strade diritte e isolati a scacchiera; l’abitato di Tiwanaku sembra essere sorto in modo del tutto disordinato attorno al centro cerimoniale. La ricerca di un qualche asse viario principale, sul modello dei siti Wari e centroamericani, si è rivelata fino ad ora del tutto infruttuosa.Le stesse abitazioni paiono di qualità modestissima, certo non quanto ci si aspetterebbe per la raffinata casta politica e sacerdotale di un potente impero. Si tratta nel più dei casi di edifici di una o due stanze, con pareti di mattoni di fango inframezzati ad adobe e rozze coperture di paglia o giunchi. Una possibile spiegazione di questa apparente contraddizione risiede forse nella natura stessa di Tiwanaku in quanto centro cerimoniale. Più che di una vera e propria città , si sarebbe dunque trattato di un santuario, circondato da alloggi per i pellegrini, inadatti tuttavia ad una occupazione stabile e prolungata. Il numero e la quantità degli alloggi fanno presupporre che Tiwanaku potesse accogliere in occasione di particolari festività folle nell’ordine delle 40.000 o anche 60,000 persone.Un aspetto che lascia sconcertati nelle rovine e nel paesaggio quasi lunare di desolazione che circonda Tiwanaku è l’apparente assenza di risorse agricole in quantità sufficiente al sostentamento di una vasta popolazione urbana. Difficilmente dunque lo sterile altipiano, con le sue proibitive condizioni ambientali, avrebbe potuto offrire sostentamento in modo stabile e continuativo ad una popolazione in costante aumento. A queste stesse conclusioni era giunto già Squier nel 1877:“Non è questa una regione che possa offrire nutrimento o sostentamento per una gran massa di persone, e certamente non è un’area dove ci si potrebbe aspettare di trovare una capitale. Tiahuanaco forse fu un luogo sacro o un santuario, la cui posizione venne fissata casualmente, in base a un auspicio o ad un sogno. Mi è difficile credere che fosse la sede di un qualche potere centrale.” Sebbene l’agricoltura Tiwanaku, quale risulta attestata dai molti centri minori gravitanti nell’orbita del grande centro cerimoniale fosse straordinariamente avanzata per l’epoca, basata su di un’articolata rete di canali e isolotti in grado di prevenire la formazione di permafrost, difficilmente ciò avrebbe tuttavia potuto offrire condizioni adatte allo sviluppo di una grande capitale imperiale.
Ed è altresì difficile individuare una qualsiasi ragione logica per cui popolazioni provenienti dalle fertili vallate andine abbiano consapevolmente deciso di insediarsi in una regione tanto sterile e inospitale, priva di ogni tipo di risorsa naturale al punto che la stessa pietra da costruzione doveva essere importata da cave situate a molte decine di kilometri di distanza.Questi elementi suggeriscono che le ragioni della sacralità di Tiwanaku risalissero indietro nel tempo fino ad epoche estremamente remote, e che la sacralità di Tiwanaku fosse più legata alla sua venerabile antichità o a qualche ignoto evento del suo passato che ad una qualunque altra ragione.Recentemente hanno destato scalpore le dichiarazioni di Oswaldo Rivera, già direttore dell’INAR, l’istituto nazionale di archeologia boliviano, secondo il quale i resti di almeno cinque diverse metropoli si troverebbero sepolti al di sotto dell’odierna Tiwanaku, ad una profondità superiore ai 21 metri. Se queste scoperte fossero confermate, aggiungerebbero ulteriori elementi in favore delle discusse tesi formulate da A. Posnansky nel corso degli scavi dei primi anni ‘30 e ‘40, e secondo il quale Tiwanaku insisterebbe sui resti di una metropoli molto più antica di almeno 17,000 anni.Posnansky basò queste sue conclusioni su oltre 40 anni di scavi condotti sul sito, accompagnati da un attento studio degli allineamenti astronomici e solstiziali. In particolare, Posnansky fu il primo ad osservare come i pilastri e il portale del Kalasasaya costituissero un elaborato orologio solare progettato per essere precisamente allineato alla posizione del sole ai solstizi e agli equinozi in un periodo compreso tra 17,000 e 10,450 anni prima di Cristo. I calcoli precessionali sviluppati da Posnansky e Rolf Muller presso l’osservatorio di Potsdam, seppure successivamente corretti verso la più recente delle due date, costituiscono un’evidenza solo recentemente riconsiderata dagli archeologi boliviani. Si tratta di una data che, seppure in contrasto con i risultati di tutte le più recenti datazioni radiometriche relative a campioni prelevati sul sito, è stata tuttavia ripetutamente confermata da più recenti e accurati studi relativi al sistema degli allineamenti archeoastronomici.Poiché è difficile immaginare un qualunque tipo di cultura urbana in un’epoca tanto remota e in un continente dal popolamento relativamente recente come quello Sud-americano, l’ipotesi più probabile è quella di un riferimento voluto ad una specifica data del passato da parte dei costruttori del grande centro cerimoniale, che si adeguarono dunque ad un progetto architettonico intrapreso forse in forme ben più modeste migliaia di anni prima.Il significato stesso di questa data così remota resta sconosciuto, sebbene sia stata suggerita una qualche attinenza con il misterioso fregio calendariale della porta del sole. Questo sembra infatti descrivere un evento reale appartenente al passato della città , in cui un ignoto personaggio, talora identificato con Viracocha, il cui culto da Tiwanaku si diffonderà in tutta l’area andina, avrebbe ricevuto a Tiwanaku l’omaggio di 72 delegazioni straniere, simboleggiate dal motivo dell’angelo dello scettro.Restano invece sconosciute le ragioni per cui un tale evento avrebbe dovuto essere ritenuto tanto importante da perpetuarne il ricordo per le successive generazioni, al punto da essere ossessivamente rappresentato in tutte le manifestazioni artistiche delle culture Tiwanaku e Wari, influenzando profondamente la stessa cultura Inca.Fonte: Archeologia italiana