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Musei in franchising


Francia, Russia e Gran Bretagna si affidano ai loro più importanti musei per veicolare nel mondo l’immagine della loro cultura nazionale e, soprattutto, avere degli avamposti per stringere successivamente accordi commerciali a 360 gradi. Ogni paese con una strategia differente. E l’Italia? La nazione con il più consistente patrimonio storico in tutto il mondo resta a guardare.La Repubblica francese ha firmato ieri con il governo di Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, l’accordo per costruire un nuovo Louvre a Oriente. Nel progetto sono coinvolti anche il museo del Quay Branly, le Musée d’Orsay, quello di Versailles, il Rodin e il Centre Pompidou. Il nome della nuova costruzione firmata dall’architetto Frank Gehry sarà dedicato solo al Louvre, campione e simbolo della tradizione museale d’Oltralpe. Per la cessione dei diritti sul nome, la Francia incasserà oltre 750 milioni di euro, di cui 400 milioni sul brand naming, 200 milioni per i prestiti permanenti di opere e 150 per quelli temporanei.“Le nostre opere devono circolare nel mondo”, ha confermato Francine Mariani-Ducray, direttrice dei musei di Francia, “sottolineando il nostro saper gestire e promuovere le esposizioni”. Nel frattempo, il Louvre va avanti e ha avviato una partnership anche con l’High museum di Atlanta, mentre il Centre Pompidou inaugurerà un Beaubourg a Shanghai e il museo Rodin ha venduto nome ed expertise alla città di San Salvador, in Brasile.Se Parigi usa il nome del suo museo più famoso per promuovere tutto il sistema espositivo d’Oltralpe (coordinato a livello nazionale da un solo ente: l’Agenzia internazionale dei musei di Francia), Mosca preferisce diversificare la funzione di ogni sede dell’Hermitage oltreconfine. A Ferrara, infatti, il museo di San Pietroburgo aprirà la sua quinta sede a palazzo Giglioli, un centro ricerche dedicato in particolare alle collezioni con pezzi appartenuti ai duchi d’Este, a lavori di restauro e catalogazione. Grazie all’iniziativa di Giorgio Dall’Acqua, presidente della provincia di Ferrara, si è arrivati alla firma, lo scorso 23 febbraio, di un protocollo d’intesa per il calendario espositivo e la creazione di una fondazione ad hoc. Il budget per il funzionamento del centro studi si aggira intorno ai 400 mila euro l’anno, a carico di provincia, comune e regione, la Cassa di risparmio cittadina e la stessa fondazione. In programma la prima mostra, nella primavera del 2008, sul ‘500 ferrarese che sarà oggetto di iniziative editoriali e di merchandising. Si muovono in modo indipendente invece i musei britannici come il British museum, che ha concluso una partnership con il Museo nazionale di Pechino (ma punta a gareggiare con il Louvre sulla piazza di Abu Dhabi), e il Victoria and Albert museum, interessato anch’esso alla Cina.Mentre i musei stranieri copiano dai brand la formula del franchising, il ministero italiano dei beni culturali non ha allo studio nessuna sperimentazione o, tantomeno, iniziativa analoga. La Penisola non va a cercare visitatori, ma li aspetta. ´Sono previsti solo prestiti di lungo periodo all’estero’, spiega Rosanna Binacchi, responsabile dell’ufficio di Direzione innovazione tecnologica e promozione. ´Curiamo, per esempio, il percorso e l’apporto multimediale di una mostra a Pechino sulle civiltà occidentali, aperta fino alle Olimpiadi del 2008′. La strategia tricolore, secondo Anna Maria Stramondo dell’ufficio servizi aggiuntivi dei beni culturali, è quella di ´definire un’immagine unica di tutto il patrimonio artistico della Penisola, con una rete di servizi a sostegno’. A oggi, ´la normativa non prevede forme di franchising’.Il primo a dare l’esempio sul franchising museale è stato il Guggenheim, già presente a Venezia, Bilbao, Berlino e Las Vegas, ma pronto a sbarcare anch’esso ad Abu Dhabi con un progetto da 27 miliardi di dollari (circa 20,6 miliardi di euro). Dopo il caso Bilbao, trasformato da centro regionale a meta turistica internazionale, sono adesso 130 le città candidate per le prossime aperture.Fonte: Italia Oggi