COME WITH ME

Ciò che sprona l’essere umano è il desiderio di conoscenza di sé


Lo psicologo junghiano Hillman, riprendendo spunto dal Mito di Er, ci parla della “teoria della ghianda” secondo cui siamo venuti al mondo con un’immagine che definisce la nostra individualità. La teoria della ghianda sostiene che ognuno di noi ha dei tratti caratteriali distintivi che emergono anche in modo bizzarro per manifestare la nostra vocazione. Secondo Hillman c’è un fuoco dentro ognuno di noiche non può essere trattenuto e che anzi più viene represso più emerge in modo vulcanico manifestandosi tramite comportamenti istintivi, esplosioni caratteriali. Questi aspetti non vanno sottovalutati e neppure etichettati come devianze, ma colti e assecondati perché rappresentano una parte fondamentale della nostra identità e del nostro potenziale (la nostra ghianda) e hanno bisogno di venir fuori e di concretizzarsi in qualche modo nella cornice della vita indipendentemente dal contesto socio culturale.Ognuno di noi ha una Mission da perseguire ma non sempre siamo capaci di individuarla e continuiamo a vagare smarriti alla ricerca di qualcosa che neppure noi sappiamo cosa sia.L’essere umano ha bisogno di significati, ha la necessità di trovare una spiegazione. Il contrario genera una “crisi di senso”: non sapere più cosa facciamo e dove stiamo andando.  Spesso non riusciamo a vivere come vorremmo e a concretizzare quello che realmente desideriamo, perché non siamo sufficientemente consapevoli di noi stessi e delle nostre potenzialità.Ma per far emergere tutto ciò avremmo bisogno di uno specchio, qualcuno che “riflettesse” e ci facesse riflettere facendoci vedere ciò che non riusciamo a vedere ma che abbiamo nascosto dentro di noi. Un buon specchio non solo riproduce un’immagine vivida e reale ma ci permette anche di notare dettagli utili. Un buon specchio evita le generalizzazioni, ossia il mettere sullo stesso piano tutti i particolari del nostro riflesso, le cancellazioni, ossia il vedere solo un aspetto della nostra immagine, le distorsioni, ossia il confondere i vari dettagli di essa. Un buon specchio si può identificare nella figura del coach, ma possiamo esserlo anche noi stessi in qualità di self coach nel renderci consapevoli e farci scoprire qual è la nostra mission. Gli strumenti a disposizione possono essere l’ascolto attivo e le domande potenti.L’ascolto attivo è quell’attitudine a concentrarsi pienamente su ciò che la persona che abbiamo davanti ci sta dicendo e ci permette di incuriosirci di essa sospendendo ogni forma di giudizio o pregiudizio. Sembra facile ma non lo è poiché la tendenza è solitamente quella di esprimere pareri, dare giudizi ed elargire soluzioni. Le risposte, quelle vere, emergeranno spontaneamente dal diretto interessato se si trova in una condizione stimolante di riflessione, confronto e rispecchiamento. Il coach proprio come uno specchio, permette di osservarsi dall’interno e di acquisire maggiore consapevolezza di sé delle proprie potenzialità, dei propri limiti e dei propri desideri e obiettivi. Vi è mai capitato di praticare l'ascolto attivo?