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Un sole timido oggi spunta tra carri di nuvole che scivolano verso un domani che ha il sapore della rinuncia. Le persone sembrano resuscitare, uscendo dai loro serragli pigramente, via via acquistano piu sicurezza come in una frenetica discesa veso il centro del mondo. Si scambiano sorrisi, strette di mano, notizie sul tempo che è e che farà. Se ci si riflette sembra che ogni cosa abbia un pò perso d'importanza rispetto al tempo, pioverà, farà la neve, freddo, caldo, pare che tutto ruoti intorno ad un eterna insoddisfazione sul clima, alimentata dall'ansia di un futuro che rende tutti attenti a qualcosa che è sempre stato... la mutevolezza straordinaria del cielo, il meraviglioso scuotere del vento, l'agitarsi delle reni del mare, il vorticoso incedere delle acque di un fiume, il gelo che smuta in tepore, il bianco mantello della neve, il grigio pennello della pioggia, e quei raggi di calore di cui ti accorgi solo quando mancano da un po. Ricordo quando ancora vestivo con i sandali e i pantaloni corti, d'estate ovviamente, che la sera dopo i rossi tramonti che accendevano e fortunatamente continuano a farlo, le montagne della mia terra, prima che il sole le oltrepassasse inabissandosi nel mare azzuro , mi stendevo sull'erba guardando il cielo alla scoperta delle prime stelle. La luna se era già li mi divertivo a cercarla , non'è mai stata precisa mi dicevo, o la ritrovavo li a vegliare il suo gregge di stelle premature o era del tutto assente, a volte piena, a volte timida e velata a pezzi. Insomma una gran furbona, un po' come mi sembravano le ragazze di allora, non che siano cambiate più di tanto. Si perchè anche loro somigliavano alla luna, e della luna forse hanno conservato i tratti del carattere, della sensibilità, del mutevole ordine dei loro attegiamenti , il trasparente sodalizio dei loro sentimenti col loro chiaro pensare, la bellezza intramontabile che si scopre via via che cadono i veli e si vestono d'ombra e luce. Vi erano giorni nella mia adolescenza precoce, che le vedevo mostrarsi linde, ragggianti, eppure sempre ammantate di un alone di incertezza, conservare un altera semplicità pure nella costante fragilità del loro essere. Senza troppi artifici a quell'età erano il frutto di una spontaneità coerente con la fanciullesca scoperta di un mondo in continuo divenire. A me piaceva osservarle nei loro passi, nell'ìincedere sicuro di un entità multiforme che ti chiede la mano per attraversare le assi di un ponte eretto su un abisso, non per paura, non per pavida incertezza ma per la condivisione innata di un emozione forte, o solo per sentirsi parte di un tutto senza possesso e senza esclusivo dominio delle cose. Vedevo i miei coetanei spesso un po goffi nei confronti di quel concentrato di energia che sarebbe esplosa negli anni dello sviluppo. Ragazzini presi da una palla, o da giochi che saggiavano le forze, stabilendo gerarchie, forgiando gruppi e amicizie che si sarebbero spinte negli anni per poi sgretolarsi o cementarsi per tutta una vita. Ma erano ancora acerbi rispetto a quelle donne ancora in erba è vero ma piene di una generosa concentrazione di vita e sentimento. Somigliavano frutti ancora chiusi al mondo, mentre loro stavano sbocciando e tendevano la mano elargendo sorrisi, e curiosando sul mondo più che intorno a se stesse. Ecco a me piaceva osservarle, carpirne segreti, inebriarmi del fascino della loro voce, delle grida ancora stridule ma piene di una musicalità ineguagliata. Le vedevo muoversi con grazia, stuzzicare l'aria e il vento con i capelli, incedere superbe e allo stesso tempo timide con una umanità che riconciliava il mondo. Erano fiori d'armeria sui cigli delle colline che respiravano l'aria del mare ed erano bucaneve apparentemente fragili ma forti e resistenti al caldo e al gelo che la vita le avrebbe riservato. Oggi che i miei occhi si posano su un mondo meno fanciullesco vedo molti di quei fiori recisi nel pieno del loro fulgore, a volte privati dell' acqua o esposti ai venti e al sole cocente finiscono per inaridire . Allora tutto questo non faceva parte dei miei pensieri, vedevo ragazze felici che coltivavano sogni e visioni colorate di stanze illuminate dal sole di una felicità semplice e meravigliosa. Oggi molti di quei sogni sono svaniti nella disillusione e nel disincanto, ma è la vita, quella strada fatta di slarghi e crocicchi, di soste e incontri che ognuno di noi decide di compiere operando scelte e incontrando il destino e il caso, due compagni a volte infidi e a volte generosi di doni. A quell'età in cui il mondo ruota sempre intorno a noi, facevo le mie prime esperienze col femminino incanto. Non parlo di baci o di sesso, che serbo di quei tempi nella mia intimità, come un segreto di un epoca d'oro pudica e primitiva, chiuso in quel retrobottega della mente che geloso si serra nella regione più inaccessibile dell'animo. Forse per mantenerne intatta la grazia, la purezza di una scoperta che è avanzata a volte per gradi, altre nelle irruenza dei sensi infatuati dal mistero di un fuoco che ardeva in ogni angolo del corpo. No...qui mi riferisco alle esperienze che segnano la diversità dei generi, l'esatta compenetrante certezza che nel guardare l'altra la si riconosce come metà di un qualcosa che è uguale a noi stessi ma così profondamente diversa. E' un concetto complesso e semplice allo stesso tempo ma che mi ha accompagnato per tutti questi anni senza mai mutare. Quell'esatto momento di cui ci si accorge che quell'essere diverso da noi è speciale e non'è più solo una compagna di giochi, di scuola, o di casa, ma è una persona di cui si inizia a comprendere la meraviglia, i dettagli e un richiamo che ha il profumo di un misterioso bisogno. Quel preciso momento che segna l'abbandono di noi stessi come punto fisso dell'universo, per spostarsi sull'altra togliendo parte dell'interesse riflesso sul proprio io, per donarlo a una donna di cui si avverte la neccessità della presenza e così ci si rende conto che quella bastevolezza che riempiva le nostre ore col gioco e col possesso di noi stessi non è più il gratificante e totalizzante partecipare di noi al mondo che ci circonda, ma ci scopriamo fragili con la certezza che quell'incontro o quelle presenze, così delicate, generano una mancanza che andrà riempita della profondità dei loro sguardi, dei suoni cristallini della loro voce , del calore di corpi levigati dal vento e dal corso delle maree, per sentirci veramente appagati, completi in un equilibrio che non' è e non sarà mai perfettamente stabile e definitivo . Avevo meno di dieci anni ma la felicità di appartenere a un mondo che regalava la presenza di quell' universo femminile era già la costatazione della grandezza di Dio e della felicità che il mondo ci avrebbe regalato in quella straordinaria esperienza che è la vita... Siddy
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