Profumo di Lavanda

A GAZA SI MUORE DI ASSEDIO


di LUISA MORGANTINI*PUBBLICATO DA LEFT 7 NOVEMBRE 2008DECINE DI CASI DI RIFIUTO DELLE NECESSARIE AUTORIZZAZIONI DAPARTE DELLE AUTORITA' ISRAELIANE STANNO CAUSANDO CENTINAIADI MORTI. I MEDICINALI CHE NON ARRIVANO, IL TRASPORTO DEIMALATI NEGATO.LA DENUNCIA DEI MOVIMENTISono 255 i malati di Gaza morti dal giugno del 2007 perchénon hanno ottenuto dalle autorità israeliane il permessodi uscire e farsi curare altrove, mentre le chiusureimpediscono agli ospedali della Striscia di rifornirsi anchedelle più basilari medicine.L'ultimo, Ahmed Al-Shafey, un anziano di 76 anni, decedutolo scorso 28 ottobre per un'infezione renale: per motivi disicurezza le autorità israeliane non l'hanno fatto uscireda Gaza. Come la piccola Hani, tre anni, morta il 14 ottobreperché la proteina necessaria per il nutrimento del suocervello e di cui era carente a Gaza non si trovava: ancheper lei nessun permesso e la sua vita è stata stroncata.Il 35% di questi decessi riguarda i bambini, morti senza unatto né una parola spesi dalla comunità internazionaleper denunciare la punizione collettiva del milione e mezzo dicivili della Striscia, per pretendere da Israele il rispettodei diritti e della dignità umani e l'obbligo diconformarsi alla legalità internazionale.Eppure da tempo organizzazioni palestinesi, israeliane einternazionali, Unrwa, Croce Rossa Internazionale, Physicianfor Human Rights, Amnesty International, Bet'selem e altredenunciano la crisi umanitaria senza precedenti a Gaza, leresponsabilità dell'assedio israeliano che non permette illibero movimento delle persone e delle merci. Il 95% delleimprese sono chiuse.In questi giorni abbiamo visto SS Dignity, la seconda navedi attivisti palestinesi e internazionali organizzata dalmovimento Free Gaza arrivare nella Striscia con mezzatonnellata di medicinali e altri aiuti umanitari, nullarispetto ai bisogni, ma molto a livello simbolico perrompere l'isolamento e la prigione a cielo aperto in cuivive la popolazione di Gaza.Quando non esiste più il diritto di accesso alle curesanitarie, il diritto ad una vita dignitosa, il diritto allasicurezza e nemmeno il diritto all'infanzia, allora rimanesolo la vergogna, quella di chi è responsabile di questasituazione immorale: le autorità israeliane in primis maanche il silenzio complice della comunità internazionale,perché sarà anche colpa nostra se Jihad, 12 anni, neiprossimi mesi dovesse morire. A lui circa un anno fa èstata diagnosticata una grave leucemia che non può essere curataa Gaza. Il bambino ha ottenuto il permesso di andare inIsraele per fare la chemioterapia a patto di ritornare nellaStriscia dopo ogni trattamento. Nonostante le forti nauseederivanti dalla terapia e sebbene il medico abbia confermatol'alto rischio di viaggi ricorrenti e ricordato la necessitàdi un ambiente sterile in cui il ragazzo dovrebbe vivere, leautorità israeliane si rifiutano di dargli il permesso dirimanere in ospedale. Con la paura costante che il figliomuoia nel tragitto tra l'ospedale e la casa, la madre diJihad è disperata: non può neanche lontanamenteconcepire come una situazione politica possa mettere a rischio la vitadi suo figlio. E perché poi dovrebbe farlo?Secondo diversi studi -gli stessi che sono stati al centrodella Conferenza internazionale sull'impatto dell'assediosulla salute menale organizzata il 27 e 28 ottobre dal GazaCommunity Health Program in collaborazione conl'Organizzazione Mondiale della Sanità- ansie, fobie,disordini ossessivi e compulsivi colpiscono in mododevastante le donne palestinesi della Striscia mentre oltreil 90% dei Palestinesi si sente rinchiuso in una prigione,con frustrazioni e ansie crescenti per la paura di non poterricevere cure mediche, di non trovare medicine per i proprifigli e non ottenere il permesso di farli curare all'estero,mettendo a rischio le loro vite.  Di questo hanno discussocentinaia di esperti ed accademici internazionali accorsiper la Conferenza che, essa stessa sotto assedio, alla finesi è svolta a Ramallah, dato che le Autorità israelianehanno negato agli internazionali i permessi di raggiungereGaza.Ovviamente i minori sono i più esposti: nella Strisciadove il tasso di disoccupazione è al 45% e il 55% dellefamiglie vive al di sotto della soglia della povertà, dove dal 2000il numero di pazienti che hanno ricevuto cure dai centri perla salute mentale è aumentato del 38%(dati OMS) e dove iminori hanno un'esperienza diretta e devastante di morte eviolenza, come possono i bambini avere fiducia nel lorofuturo?Di  disagi e tragedie parlano le storie raccolte dal GCMHP:Eisa, 14 anni, vive con i suoi genitori e 12 fratelli a BeitLahia, nel Nord della Striscia. Il 4 gennaio 2005, giocavain un campo di fragole, un missile israeliano l'hagravemente ferito e le sue gambe sono state amputate. OraEisa si muove su una sedia a rotelle, non vuole accettarel'incidente, è sempre nervoso, grida, picchia e tormenta ifratelli minori. A casa distrugge tutto, specialmente ciòche si muove, perché non vuole vedere niente capace dimuoversi visto che lui ora può farlo solo con la sua sediaa rotelle, e spesso tenta di rompere anche quella.Huda, invece, ha 11 anni, anche lei vive a Beit Lahia e dianni ne aveva solo 7 quando un missile israeliano cadutosulla spiaggia le ha portato via di colpo quasi tutta lafamiglia: il padre, la suocera, le sorelle di 24, quattro eun anno e mezzo e anche il fratellino di quattro mesi. Stavanuotando Huda: poi il fuoco, la morte e le sue foto chehanno fatto il giro del mondo. Il GCMHP ha raccolto la suastoria a distanza di anni: la bambina soffre di continuiflashback e incubi, ha le immagini terribili di quei corpistraziati davanti agli occhi. E' terrorizzata dal mare edalla spiaggia, evita ogni oggetto le ricordi la tragedia,dorme con difficoltà, ha frequenti mal di testa e pocaconcentrazione. Difficile per lei costruire un altro futuropossibile.Per Eyad El-Sarraj, coordinatore del Gaza Mental HealthProgramme, "la situazione della salute mentale a Gaza èdavvero grave e si teme per le future generazioni di bambiniche sono stati cresciuti fino ad oggi in un tale ambiente diprivazioni, sfiducia e mancanza di speranza".Una testimonianza in più quella di Tala, 10 anni di Gazacity. Il suo racconto inizia con gli incidenti che labambina ha vissuto personalmente nel luglio del 2007 quando"in un giorno pieno di paura e di panico, sono scoppiati gliscontri tra Fatah e Hamas; gli spari sono aumentati; tuttierano spaventati, la paura era veramente tremenda; mi sonoattaccata a mia madre e pregavamo per i miei nonni il cuiappartamento è stato bombardato da un missile". Il corpole tremava e Tala voleva gridare: "Basta, voi siete un unicopopolo, fratelli e amici, è orribile quello che statefacendo: fermatevi!". Ora Tala a volte sogna di scappare via"lontano nello spazio e di vivere nel più distante deipianeti, Pluto, fino alla fine del conflitto. Ma la violenzapotrebbe durare a lungo e nel frattempo io potrei esserecongelata e morta".Di questo porta responsabilità anche la leadershippalestinese con le divisioni  territoriali e politiche trala West Bank e Gaza e la scelta di Hamas di azioni suicideed omicide contro la popolazione civile israeliana, chehanno influito sull'isolamento di Gaza anche se oggi, e miauguro si mantenga, vi e una tregua che Hamas starispettando.E noi movimenti, partiti dove siamo? Dopo 60 di diaspora,dopo più di 40 anni di occupazione militare non siamoancora riusciti a far si che i nostri governi, che leNazioni Unite mettano in pratica le risoluzioni che votano:la fine dell'occupazione militare israeliana ed uno Statoper i Palestinesi sui Territori occupati nel 1967. Maintanto mobilitiamoci per fermare l'assedio di Gaza(www.gcmhp.net<https://webmail.europarl.europa.eu/exchweb/bin/redir.asp?URL=http://www.gcmhp.net/> ).*Vice Presidente del Parlamento Europeo