ridereperidere

14 luglio 1979


Avevo da poco terminato il servizio militare e mi erocongedato dalla "folgore", nonstante i miei superioridicessero che avevo la stoffa del sergente e volesserofarmi firmare. Era una gabbia di matti, ma io, che eropiù matto di loro, volevo scegliermele le avventuree non aspettare che qualcuno mi imponesse cosa fare.Ero cresciuto in una famiglia dove tutto mi andavastretto, a cominciare da due sorelle più grandi chegodevano dell'immunità femminile di allora e demandavano a me ogni compito sgradevole.Ma questo non è importante.Dopo tre mesi dal congedo, con mio padre che stava male e mia madre che mi stava addosso ad ogni passo, decisi che se volevo vivere la mia vita avreidovuto farlo lontano da li.Dopo una breve consultazione con un vecchio atlante De Agostini e un'occhiata ai fondi rimastidei lavoretti saltuari che avevo fatto in quei tremesi, decisi che l'Australia sarebbe stata la mia meta.Dissi ai miei che sarei partito, ma non ricordo nemmeno cosa risposero.....non era importante.Per anni ero stato -un peso- quindi non credo che quella mia partenza li avesse sconvolti più di tanto.Non ricordo quanto tempo impiegammo per arrivare a destinazione, perchè durante il tragitto passi la maggior parte del tempoa documentarmi su quel "paradiso" naturale,a quei tempi ancora in parte da scoprire.La nave attracco a New Castle e da lì, con mezzi di fortuna mi diressi verso Sidney. Lontanissimiparenti avevano un ristornate italiano in periferiae contavo di raggiungerli per avere almeno unpunto di partenza. Impiegai ben tre settimane perarrivarci ma una volta la.....fu peggio perchèi parenti erano morti e il ristorante era stato rilevato dal cuoco, un egiziano che non amavamolto gli italiani. Riuscii comunque a farmi assumere come tutto fare e il fatto di essere figlio di un cuoco, con parecchie conoscenze della cucina italiana misalvò il sedere, almeno quella volta.La mia vera avventura iniziò una sera di sei mesi dopo, quando, dopo aver terminato il mio turno, Jamil, il cuoco proprietario, mi dissedi far uscire un tizio che si era addormentatosul tavolo dopo aver ingurgitato parecchidrink.Era un tipo sui cinquanta, capelli e barba incolta,abiti che denotavano la lontananza di una lavanderia e un cappello alla "crocodille Dundy"!Cercai di svegliarlo con delle piccole pacche sulla spalla, ma dai risultati capii che avrei dovutocaricarmelo sulle spalle se volevo portarlolontano dalle ire di Jamil.Una volta fuori si riprese quel tanto cha bastòper capire che era italiano di origine, anche se ormai il suo accento si era perso e fuso con la lingua locale e per dirmi dove abitava ed indicarmi la sua auto.Aveva un vecchio furgone, con cassone dietro.Un 4x4 di una marca che non avevo mai sentitoma che sembrava uscito da un film dell'ultimaguerra mondiale.Impiegammo una quindicina di minuti perarrivarci. Era una casetta ad un solo piano, delimitata da un giardino che non vedevaun rasaerba da anni. Era buio, ma la luna mi dava vagamente l'idea che non fosse moltopiccolo e che fosse anche ricco di alberi.Entrammo da una porta sul retro che era aperta, attraversando un piccolo corridoio dove, su degliscaffali, si intravedevano delle anfore o vasidi diverse misure e fatture. Alcuni sembravano persino trasparenti ma era troppo buio per vederne il contenuto ed io non potevo lasciareil tizio per cercare un interruttore, altrimenti sarebbecaduta a terra. In fondo al corridoio si vedevanodelle porte. Andammo verso una che era semiapetra e dalla quale usciva una debole luce.Chiesi se ci fosse qualcuno prima di entrare malui mi disse: "Non gridare che ho mal di testa".Entrammo in una specie di laboratorio, dove la polvere e la sporcizia erano seconde solo alle scartoffie che stavano accatastate in ogni dove, persino sul pavimento e sugli scaffali in legno che rivestivano praticamente ogni spazio libero delle pareti circostanti. Mi chiese di accompagnarlo in bagno e di aspettarlo.Mentre  sentivo provenire dal bagno rumori d'acqua e di decise abluzioni mi guardavo in giro quasi spaventato, cercando di capirecosa fosse quell'odore pungente e acre di cui era intriso ogni anfratto delle casa ma in maggior densità il laboratorio. Non vi nascondoche in quei minuti, che mi sembrarono ore,la voglia di andarmene mi assaliì più voltema il desiderio di risposte ebbe il sopravvento e rimasi li fin quando uscì dal bagno."Tieni ragazzo e grazie" mi disse allungandomi del denaro. Lo ringraziai ma rifiutai quei soldi.In quei momenti passati ad aspettarlo eranocresciute in me decine di domande ed ero deciso a non andarmene da li se non avessiottenuto le risposte che cercavo.Mi disse che  se ero tanto stupido da desideraredi sentire un vecchio ubriacone raccontarela sua vita, mi avrebbe accontentato.Parlammo tutta la notte io non smettevo di farglidomande e lui rispondeva a tutte e, ad ogni domanda, sembrava che anche la sua luciditàe il suo vigore ritornassero.Era una specie di scienziato caduto in disgraziadopo la morte della figlia più piccola, per un morsodi serpente. Dopo quella disgrazia la mogliese n'era andata con il figlio più grande ed era tornata in Europa, lasciandolo solo con i suoirimorsi. Aveva cercato di reagire, di dire a se stessoche non era colpa sua se la bambina era stata morsa da un serpente. Ma non era così, non poteva essere così, perchè il serpente era uno di quelli che lui studiava. Era un erpetologo, anchepiuttosto affermato e lavorava alla preparazionedi sieri antiofidici per una azienda farmaceuticadella zona.  Si dimenticò per pochi istanti la tecaaperta dove era rinchiuso e questi usci fuoriin pochi secondi. Il resto ve lo lascio immaginare.Era un Taipan, proprio come quello nella fotoall'inizio. Quando si accorsero che la bambinaera stata morsa era ormai troppo tardi. Stavagiocando in giardino, in quel giardino che da quelmomento non fu più toccato. Arrivò strisciando alle sue spalle, mentre lei giocava seduta per terra e la prese alla gola. Credo soffocò prima ancoradi essere uccisa dal veleno. Un serpente di duemetri e una bimba di tre anni.....Da quel giorno iniziò a bere e perse il posto.La moglie se ne andò e lui rimase solo.Un amico gli diede l'opportunità di svilupparealtri antiveleni, portandoli poi alla stessa ditta efacendo figurare che il lavoro fosse suo.Così, da dieci anni, viveva nel dolore all'ombra di se stesso.Non so cosa mi prese in quel momento.Credo che dentro di me sia scattata una mollache mi ha fatto pensare all'opportunità di dare unamano a quell'uomo, anche se non avevo idea didove sarei andato a parare.Gli dissi semplicemente:"Avreste bisogno di un assistente. Di uno che vi tenesse in ordine la casa, il laboratorio....il giardino.Che si occupasse di voi insomma!"Mi guardò e mi disse: "Ragazzo, dove vuoi che troviuna persona tanto idiota da stare attaccata al culodi un vecchio alcolizzato che fa fatica a campareda solo?".Lo guardai negli occhi e gli dissi semplicemente:" Ce l'hai davanti"!Non parlammo di compensi, non parlammo di oneri e non parlammo di cosa mi sarebbeaspettato quando, dopo pochi giorni, saremmopartiti per il centro Australia alla ricerca di nuovi esemplari  di serpenti velenosi maschi e femmine su cui fare nuovi esperimenti e preparare nuovi vaccini da testare.Da quel momento iniziò la mia vera avventura!