Creato da vanitoso58 il 05/06/2010 |
« io ci sono!!!!!!!! | Partenza per l'avventura! » |
Post n°3 pubblicato il 06 Giugno 2010 da vanitoso58
Avevo da poco terminato il servizio militare e mi ero congedato dalla "folgore", nonstante i miei superiori dicessero che avevo la stoffa del sergente e volessero farmi firmare. Era una gabbia di matti, ma io, che ero più matto di loro, volevo scegliermele le avventure e non aspettare che qualcuno mi imponesse cosa fare. Ero cresciuto in una famiglia dove tutto mi andava stretto, a cominciare da due sorelle più grandi che godevano dell'immunità femminile di allora e demandavano a me ogni compito sgradevole. Ma questo non è importante. Dopo tre mesi dal congedo, con mio padre che stava male e mia madre che mi stava addosso ad ogni passo, decisi che se volevo vivere la mia vita avrei dovuto farlo lontano da li. Dopo una breve consultazione con un vecchio atlante De Agostini e un'occhiata ai fondi rimasti dei lavoretti saltuari che avevo fatto in quei tre mesi, decisi che l'Australia sarebbe stata la mia meta. Dissi ai miei che sarei partito, ma non ricordo nemmeno cosa risposero.....non era importante. Per anni ero stato -un peso- quindi non credo che quella mia partenza li avesse sconvolti più di tanto. Non ricordo quanto tempo impiegammo per arrivare a destinazione, perchè durante il tragitto passi la maggior parte del tempo a documentarmi su quel "paradiso" naturale, a quei tempi ancora in parte da scoprire. La nave attracco a New Castle e da lì, con mezzi di fortuna mi diressi verso Sidney. Lontanissimi parenti avevano un ristornate italiano in periferia e contavo di raggiungerli per avere almeno un punto di partenza. Impiegai ben tre settimane per arrivarci ma una volta la.....fu peggio perchè i parenti erano morti e il ristorante era stato rilevato dal cuoco, un egiziano che non amava molto gli italiani. Riuscii comunque a farmi assumere come tutto fare e il fatto di essere figlio di un cuoco, con parecchie conoscenze della cucina italiana mi salvò il sedere, almeno quella volta. La mia vera avventura iniziò una sera di sei mesi dopo, quando, dopo aver terminato il mio turno, Jamil, il cuoco proprietario, mi disse di far uscire un tizio che si era addormentato sul tavolo dopo aver ingurgitato parecchi drink. Era un tipo sui cinquanta, capelli e barba incolta, abiti che denotavano la lontananza di una lavanderia e un cappello alla "crocodille Dundy"! Cercai di svegliarlo con delle piccole pacche sulla spalla, ma dai risultati capii che avrei dovuto caricarmelo sulle spalle se volevo portarlo lontano dalle ire di Jamil. Una volta fuori si riprese quel tanto cha bastò per capire che era italiano di origine, anche se ormai il suo accento si era perso e fuso con la lingua locale e per dirmi dove abitava ed indicarmi la sua auto. Aveva un vecchio furgone, con cassone dietro. Un 4x4 di una marca che non avevo mai sentito ma che sembrava uscito da un film dell'ultima guerra mondiale. Impiegammo una quindicina di minuti per arrivarci. Era una casetta ad un solo piano, delimitata da un giardino che non vedeva un rasaerba da anni. Era buio, ma la luna mi dava vagamente l'idea che non fosse molto piccolo e che fosse anche ricco di alberi. Entrammo da una porta sul retro che era aperta, attraversando un piccolo corridoio dove, su degli scaffali, si intravedevano delle anfore o vasi di diverse misure e fatture. Alcuni sembravano persino trasparenti ma era troppo buio per vederne il contenuto ed io non potevo lasciare il tizio per cercare un interruttore, altrimenti sarebbe caduta a terra. In fondo al corridoio si vedevano delle porte. Andammo verso una che era semi apetra e dalla quale usciva una debole luce. Chiesi se ci fosse qualcuno prima di entrare ma lui mi disse: "Non gridare che ho mal di testa". Entrammo in una specie di laboratorio, dove la polvere e la sporcizia erano seconde solo alle scartoffie che stavano accatastate in ogni dove, persino sul pavimento e sugli scaffali in legno che rivestivano praticamente ogni spazio libero delle pareti circostanti. Mi chiese di accompagnarlo in bagno e di aspettarlo. Mentre sentivo provenire dal bagno rumori d'acqua e di decise abluzioni mi guardavo in giro quasi spaventato, cercando di capire cosa fosse quell'odore pungente e acre di cui era intriso ogni anfratto delle casa ma in maggior densità il laboratorio. Non vi nascondo che in quei minuti, che mi sembrarono ore, la voglia di andarmene mi assaliì più volte ma il desiderio di risposte ebbe il sopravvento e rimasi li fin quando uscì dal bagno. "Tieni ragazzo e grazie" mi disse allungandomi del denaro. Lo ringraziai ma rifiutai quei soldi. In quei momenti passati ad aspettarlo erano cresciute in me decine di domande ed ero deciso a non andarmene da li se non avessi ottenuto le risposte che cercavo. Mi disse che se ero tanto stupido da desiderare di sentire un vecchio ubriacone raccontare la sua vita, mi avrebbe accontentato. Parlammo tutta la notte io non smettevo di fargli domande e lui rispondeva a tutte e, ad ogni domanda, sembrava che anche la sua lucidità e il suo vigore ritornassero. Era una specie di scienziato caduto in disgrazia dopo la morte della figlia più piccola, per un morso di serpente. Dopo quella disgrazia la moglie se n'era andata con il figlio più grande ed era tornata in Europa, lasciandolo solo con i suoi rimorsi. Aveva cercato di reagire, di dire a se stesso che non era colpa sua se la bambina era stata morsa da un serpente. Ma non era così, non poteva essere così, perchè il serpente era uno di quelli che lui studiava. Era un erpetologo, anche piuttosto affermato e lavorava alla preparazione di sieri antiofidici per una azienda farmaceutica della zona. Si dimenticò per pochi istanti la teca aperta dove era rinchiuso e questi usci fuori in pochi secondi. Il resto ve lo lascio immaginare. Era un Taipan, proprio come quello nella foto all'inizio. Quando si accorsero che la bambina era stata morsa era ormai troppo tardi. Stava giocando in giardino, in quel giardino che da quel momento non fu più toccato. Arrivò strisciando alle sue spalle, mentre lei giocava seduta per terra e la prese alla gola. Credo soffocò prima ancora di essere uccisa dal veleno. Un serpente di due metri e una bimba di tre anni..... Da quel giorno iniziò a bere e perse il posto. La moglie se ne andò e lui rimase solo. Un amico gli diede l'opportunità di sviluppare altri antiveleni, portandoli poi alla stessa ditta e facendo figurare che il lavoro fosse suo. Così, da dieci anni, viveva nel dolore all'ombra di se stesso. Non so cosa mi prese in quel momento. Credo che dentro di me sia scattata una molla che mi ha fatto pensare all'opportunità di dare una mano a quell'uomo, anche se non avevo idea di dove sarei andato a parare. Gli dissi semplicemente: "Avreste bisogno di un assistente. Di uno che vi tenesse in ordine la casa, il laboratorio....il giardino. Che si occupasse di voi insomma!" Mi guardò e mi disse: "Ragazzo, dove vuoi che trovi una persona tanto idiota da stare attaccata al culo di un vecchio alcolizzato che fa fatica a campare da solo?". Lo guardai negli occhi e gli dissi semplicemente: " Ce l'hai davanti"! Non parlammo di compensi, non parlammo di oneri e non parlammo di cosa mi sarebbe aspettato quando, dopo pochi giorni, saremmo partiti per il centro Australia alla ricerca di nuovi esemplari di serpenti velenosi maschi e femmine su cui fare nuovi esperimenti e preparare nuovi vaccini da testare. Da quel momento iniziò la mia vera avventura! |
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