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MICHELA VITTORIA BRAMBILLA


L’Italia vuole cambiare. È certo. Ma è strano che a chiederlo sia il leader del Pd, il partito di maggioranza del Governo in carica. Per chi esercita il potere, la volontà è tutto. Altrimenti è dichiarazione di impotenza (non un granché per chi si candida a guidare il Paese). O peggio: tentativo di confondere le idee. Le doti di ipnotizzatore di Walter Veltroni sono note, tutta da dimostrare la disponibilità degli italiani ad essere ipnotizzati. La richiesta del leader del Pd è esplicita: “Non pensate a quale partito. Pensate a quale Paese”. Invece gli italiani che vogliono cambiare l’Italia sanno che per votare devono pensare bene a quale partito dare la propria preferenza. E quello a cui pensare per cambiare il Paese non può essere lo stesso che è presieduto dal premier del Governo che l’ha messo in ginocchio. Chiaro, no? Forse è per questa evidenza che negli ultimi giorni il tono suadente del compagno di Romano Prodi è cambiato. A Veltroni sono spuntati i canini. Anche il super-nuovo della politica italiana, dopo 35 anni di onorato servizio (dalla Fgci al Pci, dal Pds ai Ds, fino all’ultima trasformazione – per ora – che si chiama Pd) con i dentini da latte, prova a mordere. Pacatamente, serenamente,“ma anche” lui ringhia. Come D’Alema. Più di D’Alema. A proposito del Popolo della Libertà, Veltroni ha detto: “Hanno fatto un partito su un predellino, io sono stato votato da tre milioni di persone”. Peccato che a concorrere per le primarie l’eroico superdotato Veltroni fosse quasi solo (senza offesa per la bravissima e coraggiosissima Rosy Bindi). Una pubblicità di questi giorni dice: “Ti piace vincere facile?”. Il grande Walter potrebbe esserne un degno testimonial. Peccato che per lui e per il Pd tra poco più di un mese vincere non sarà facile, anzi, impossibile. Gli italiani non sono più disposti a concedere deleghe in bianco, tantomeno a chi sembra vantare qualche quarto di nobiltà in più. La caccia alle “élite”, ai “migliori”, non incanta più. I Circoli della Libertà non l’hanno mai fatta. Il Popolo della Libertà è nato per questo: per spalancare le porte della politica alla gente. Per trasformare i partiti in un grande movimento che abbia il cittadino al centro. Il Pd no. Come il vecchio Pci, anche il “nuovo”Partito democratico mostra di subire il fascino dei “salotti buoni” e dei “poteri forti”. Chiamatela, se volete, continuità. La stessa che ha percorso tutte le trasformazioni degli stessi dirigenti comunisti (c’erano D’Alema e Veltroni, ieri come oggi), da Pds a Ds, prima di diventare Pd. La benedizione dei vertici di Confindustria ha rincuorato nel 2006 Romano Prodi. Oggi Walter Veltroni sembra aver risolto la “questione settentrionale” con le candidature di Matteo Colaninno e di Massimo Calearo. Noi sappiamo che i problemi del Nord sono ben altri. Prendiamo il caso Malpensa. Il Governo Prodi ha pensato di mettere fine al disastro economico e finanziario di Alitalia, facendo pagare il conto al Nord del Paese. Altro che Colaninno e Calearo. Il Partito democratico ha scelto, per volontà del suo presidente e ancora premier, di discriminare il sistema economico e produttivo dell’Italia settentrionale. Magari cercando di mettere gli uni contro gli altri: cioè la Lombardia contro il Veneto. Peccato che la logica delle divisioni sia a saldo zero per il Paese. E peccato per i sofismi con cui Veltroni cerca di applicare la sua regola del “ma anche”: Alitalia ai francesi, ma anche Malpensa un poco deve essere difesa. Peccato che i francesi non ci vogliano sentire. Peccato che uno studio che Veltroni dovrebbe conoscere – redatto dalla Cgil lo scorso mese di novembre – dimostra il contrario: “Alitalia, che ancor oggi genera il 45% del traffico di Linate e Malpensa è, nel medio periodo, insostituibile”. Facciamo due conti: sullo scalo lombardo Alitalia taglia 180 voli per il 2008. E la società che gestisce lo scalo (oltre a quello di Linate) dichiara che questo produrrà un fabbisogno di cassa di 27 milioni di euro. Tradotto: 1200 esuberi (la Cgil azzarda 2000 posti a rischio). Comunque tanti licenziamenti. Senza contare gli effetti indiretti dell’economia del territorio: meno traffico di merci, più costi di trasporto, per utilizzare scali più lontani, crisi nel settore turistico-alberghiero, effetti negativi sullo sviluppo del polo fieristico di Milano Rho-Pero. Un conto di un miliardo di euro in meno. Forse addirittura il doppio. Tutto a carico del Nord. Questa è la questione settentrionale. Il citato studio della Cgil ricorda che la progettazione dello scalo di Malpensa è cominciata quando ancora la Lega Nord non esisteva, altro che “hub inventato per accontentare Bossi”. Non solo. Malpensa sarebbe la causa del dissesto di Alitalia? Si andassero a leggere almeno i documenti elaborati dai loro amici (citiamo ancora quello della Cgil, non le analisi della Regione Lombardia!): “La fascia dei passeggeri business, che è pari al 25% del totale, determina circa il 70% dei ricavi delle compagnie aeree di bandiera. La struttura economica, geografica, industriale, finanziaria di reddito del nostro Paese concentra nel Nord Italia il mercato più ricco e in sviluppo del trasporto aereo”. Interrogato sulla questione settentrionale, Veltroni ha ammesso che uno dei problemi (oltre alla burocrazia e alle tasse: ma no? Perché non ne ha parlato in questi due anni con Prodi?) riguarda proprio le infrastrutture. Ma va? Fisco, burocrazia, infrastrutture, così come l’allarme sicurezza (ricorda signor ex sindaco, protettore dei nomadi a Roma fino all’omicidio della signora Reggiani?) sono nell’agenda dell’Italia che vuole cambiare. Che vuole cambiare Governo e partito. I sofismi della lingua veltrona suggeriscono: “Non cambiate un Governo. Cambiate l’Italia”. Altro che: per cambiare veramente bisogna voltare pagina e voltare le spalle al Pd che ha creato e sostenuto il Governo Prodi. Ora tocca a noi. Il Popolo della Libertà vuole rappresentare il Paese che vuole cambiare, e che dopo due anni di opposizione vuole fare diventare realtà la nostra esortazione: “Rialzati, Italia!”