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Vimala Thakar: Ritratto di una saggia contemporanea (parte III)


Mentre sorseggio il the al limone che ci ha servito, mi sento leggermente insicuro sulla modalità di intervistare questa donna piena di potere, ma la sua naturalezza e il suo calore disperdono velocemente i miei dubbi. Vimala è totalmente disponibile a ogni domanda, così mi faccio avanti.«Vimalji», dico, «di questi tempi, molte persone sono interessate alla spiritualità; tuttavia, sembra che solo in pochi avvenga una radicale trasformazione della coscienza e della vita».Vimala risponde immediatamente: «Mio caro amico, essi non dedicano la vita alla verità che hanno compreso. Desiderano i piaceri mondani, il riconoscimento del mondo. La spiritualità è uno dei desideri. Non è la priorità assoluta. Comincia a vivere immediatamente la verità che hai compreso! Intellettualmente, le persone possono aspirare all’emancipazione o all’illuminazione, ma emotivamente amano essere circondate da piccole schiavitù. Vanno avanti a tessere la rete delle schiavitù. Vogliono appartenere emozionalmente a qualcosa, come la famiglia o la religione. Nel nome della sicurezza, creano questi vincoli emozionali e un senso di appartenenza esclusiva, mentre intellettualmente aspirano all’assoluta libertà, all’illuminazione. Come possono le due cose stare insieme? Sono incompatibili, ma gli esseri umani che diventano sadhakas, ricercatori, vivono una doppia vita. Non sono disonesti; mi riferisco a una divisione interiore. Si accontentano di sapere che la liberazione esiste, di leggere qualcosa al riguardo e di immaginarla. Sono soddisfatti di questo perché la parola “liberazione” ha una sua tossicità, l’emozione connessa al significato di questa parola è intossicante. E loro vivono di questa intossicazione, senza avere realizzato nulla di concreto. Questa divisione interiore, quindi, causa quella penosa sensazione di trovarsi a mani vuote sul finire della vita. Hanno soltanto gli involucri delle parole, non la sostanza interiore della liberazione».Le sue parole inequivocabili mi arrestano di colpo. Pronunciate da qualcuno in profonda intimità con la condizione attuale degli esseri umani, posseggono il sapore della verità,.«Cosa può fare una persona se riconosce da sola questa condizione di divisione?». Chiedo, ansioso di scoprire quale soluzione abbia per questo argomento fondamentale.«Bisogna educare se stessi. Prima si scopre la divisione dentro di sé, poi, per eliminare questa divisione, deve avvenire una purificazione grazie all’educazione, perché l’impurità è il solo squilibrio. Educare, sensibilizzare, raffinare e purificare gli aspetti biologici e psicologici del nostro essere… A quel punto, credo che la divisione interiore scompaia». Il suo consiglio è che i ricercatori dedichino un minimo di tre, preferibilmente quattro ore al giorno alla propria pratica spirituale.Ci spostiamo sul tema degli attaccamenti e osservo che spesso le persone possono avere una comprensione della verità, ma rimanere ancora fortemente attaccate a certe cose. Vimala mi ferma nel mezzo del discorso.«Se l’attaccamento non può essere dissolto dalla comprensione della verità, tale comprensione è solo verbale. Se l’hai ottenuta, come può esserci attaccamento?».Insisto per chiarire il mio punto di vista: «Ti ho sentito dire che tutti gli attaccamenti cadono senza sforzo quando si comprende la verità, ma spesso accade che qualcuno abbia avuto una comprensione o una realizzazione autentiche della verità, senza per questo abbandonare immediatamente e completamente gli attaccamenti e i condizionamenti».«Non importa», dice Vimala, mettendo in disparte la mia obiezione. «Anche dopo aver compreso la verità, alcuni possono rimanere attaccati alle falsità per amore del piacere o della sicurezza. La gente ha paura di vivere, ha paura di morire. L’aspirazione intellettuale alla verità c’è, ma esiste anche questa paura della vita e della morte. Ecco perché non ne consegue l’abbandono degli attaccamenti. In quel caso, la persona dovrebbe almeno essere cosciente della presenza di una dualità in lui o in lei; dovrebbe comprendere che la verità è presente a un livello, ma che esiste anche l’attaccamento. Se c’è un desiderio autentico di dissolvere ed eliminare l’attaccamento, se c’è questa coscienza, essa funzionerà come un pungolo. Lo terrà sveglio. Ci sarà l’attaccamento, egli agirà a partire dall’attaccamento, ma poi si sentirà dispiaciuto per questo. Ciò va avanti per un certo tempo; sarà qualcosa di graduale. Dipende dalla serietà».Cito il fatto che vari insegnamenti spirituali sembrano considerare lo scopo ultimo della vita spirituale come un prendere dimora nell’Assoluto, trascurando il mondo del tempo e dello spazio, le relazioni con la gente. Una volta scoperta l’assenza di limiti, come si può continuare a vivere dentro questi ultimi, relazionandosi agli altri e al mondo?Mi risponde con passione: «Anche dopo questa scoperta continui a essere nel corpo, non è vero? Devi nutrirlo e vestirlo, vivendo nel mondo. Così, dopo la scoperta, la comprensione, c’è la consapevolezza. In base a tale consapevolezza, vivi nel mondo limitato. Alcune persone parlano di fuggire dal mondo, di ritirarsi, ma anche dopo esserti ritirato, hai bisogno di un luogo in cui vivere».Dopo la scoperta della verità… con quel profumo interiore della consapevolezza costante che la vita è una danza tra il manifesto e il non-manifesto, il limitato e l’illimitato, il misurabile e l’incommensurabile, ti relazioni con entrambi. Tramite la consapevolezza, sei in rapporto con l’assoluto; tramite il corpo, la mente e il pensiero, sei in rapporto con il relativo. Il relativo e l’assoluto non sono opposti, non c’è dicotomia.Il mondo limitato e la verità assoluta insieme formano la totalità della vita. La vita è indivisibile, non puoi frammentarla né dividerla. Non c’è problema, quindi, a relazionarsi con il mondo limitato. La deformità, la violenza le vedi come sono e ci entri in relazione. Non devi cooperare con la violenza, ma scoraggiare l’odio, la possessività, il dominio. Devi incoraggiare la psicologia della condivisione, l’attitudine alla cooperazione, il valore dell’amicizia. Lo fai con la tua vita, lo fai vivendo».... (continua)
(dal Web)