Abbandonare Tara

Primavera, oggi


 
Jan Van Scorel, Madonna of the Daffodils  Sembrerebbe primavera vera, questa. Eventually (come direbbe un anglosassone). Che è più del nostro "finalmente". "Alla fin fine", direi; e l'understatment sottintende un "era ora! ", che nessuno a Londra si permetterebbe così apertamente: troppo personale; guai ad esprimere i propri intimi sentire.E' primavera. Lo senti nella stanchezza mattutina che ti farebbe spegnere la sveglia e ti giri dall'altra parte, come un bambino che non vuole andare a scuola. Maledetto maltempo che ha affossato anche i proverbi, cosicché ci dobbiamo rassegnare ad un "Maggio, dolce dormire", visto che Aprile ci ha traditi.E' primavera nei  mercati tra sole e ombra, con i netti contrasti tra l'oro delle nespole, il verde intenso dei giovani spinaci, il bianco delle cipolline nuove, le cascate di baccelli e piselli.I tigli sui viali si disfano in lanuguine bianca, un orgasmo di pollini che invadono la città, si posano sulle auto in una falsa nevicata di cotone, in starnuti e nasi e occhi rossi che fanno primavera almeno quanto le rondini di una volta.Ma dove sono le rondini? Che garrivano in volo, solcando di cerchi concentrici l'aria intorno al campanile. E nuvole bianche si sfilacciavano e la bambina che ero passava quei tardi pomeriggi che il caldo cominciava a impigrire, a guardare quei voli, in una luce tersa che aveva ancora un ricordo dell'inverno appena passato.Dove sono le margherite ostinate e caparbie, che crescevano tra le pietre, sui lastricati delle scale che si arrampicavano verso San Miniato? La passeggiata dei baci adolescenti, sotto le antiche croci di una Via Crucis, all'ombra viola dei cipressi. Con la città che passo dopo passo, gradino dopo gradino, ti si rivelava, aperta, distesa, spalancata ai piedi. Turgida e rossa di tegole, irta di torri, grigia e ocra, calda di riverberi di sole sulle strette finestre. E quelle mani intrecciate. Tenersi per mano: è sempre rimasto un gesto di somma intimità, per me. Imparato allora, in quelle giornate di primavera rubate alla scuola, col cuore in gola che iniziavo appena a distinguere se era per la salita o per il caldo o per un primo amore.Dove sono i gialli narcisi che coprivano le prode delle colline appena fuori città? Lasciavamo la macchina in curva, sul bordo della strada, e poi giù, di corsa per il pendio, nei campi. Uno dei bambini che immancabilmente rotolava e rideva; e non sapevi mai se lo faceva apposta o semplicemente capitava e lui si dava un tono. E poi tornavano con le mani piene dei "tromboncini", come li chiamavano loro. E non era primavera senza un vaso di narcisi in cucina.E' primavera: ma anche lei, agognata, aspettata, tardiva, acerba e imperiosa, anche lei non è più quella di una volta. Un senso di delusione: tutto qui? Non so se Botticelli ti dipingerebbe più, sai?.