Abbandonare Tara

Essere in due, essere in tante.


“Devo imparare a voler bene allo stupido che è in me: quello che è troppo sensibile, che parla troppo, corre troppi rischi, qualche volta vince e troppo spesso perde, che non ha autocontrollo, che ama e odia, fa male e si fa male, promette e non mantiene le promesse, ride e piange. Solo lui mi protegge da quel tiranno autoritario e sempre troppo equilibrato che vive in me e che, se non fosse per il mio lato stupido, mi ruberebbe la vitalità, l’umiltà e la dignità.” Theodore Rubin     
     Dopo anni di peana alla coerenza e alla graniticità delle proprie idee, del proprio essere e del proprio apparire, piano piano mi comincio a rendere conto che forse, dopo tutto, non si tratta poi di valori così ineludibili.Anzi, forse non sono proprio valori.Comincio ad apprezzare la possibilità di affrontare la vita da più sfaccettature, di riconoscermi il diritto di tornare sulla miei idee, sulle mie convinzioni. E cambiarle.Comincio ad apprezzare, anche negli altri, posizioni più sfumate, incertezze, dubbi, contraddizioni.Ammiro l'animo umano che muta come il tempo sull'Oceano, con i venti che portano nuvole, e subito dopo le scacciano per far posto a un sole rapido, caldo, ma fugace, ricacciato subito dopo nell'ombra da nuove nuvole.Ammiro la capacità di riconoscersi fragili, dubbiosi, diversi anche di fronte a se stessi.Non so quanto coerenza non stia a significare, piuttosto, ostinazione, rigidità, paura di fronte ai cambiamenti.Cominciano a darmi ai nervi quelli troppo sicuri di se stessi e della propria strada: li accetto se sono adolescenti, innamorati caparbiamente delle poche certezze nuovissime, appena appena acquisite.Ma un adulto è un'altra cosa. Ma maturità è anche riuscire ad entrare in contatto con la nostra "confederazione di anime", come la chiama Tabucchi: quel magma che mi si agita dentro, che partorisce idee e che le nega l'istante dopo. Entrare in contatto ed accettare.Perché combattere o negare questa ricchezza interiore? Saremmo tutti più tolleranti, più pacificati con noi stessi, più felici, anche, meno affannati a combattere un io che ci affanniamo a respingere nel nulla e che riesce ad affiorare solo nei sogni o negli incubi.Io non sono "io": sono anche "me", "me stessa", "Cecilia", "la mamma", "la figlia", "la moglie", "la signora del piano di sopra", "la dottoressa", "la bambina", "la ragazza", "l'amica", "la collega", "la zia", "la sorella".Sono i molteplici esseri attraverso cui mi sono espressa e mi esprimo, mi sono fatta conoscere e mi sono fatta amare o detestare.E devo venire a patti, accettare, il fatto che in ogni "me", c'è una mia parte vera, che non corrisponde solo a quello che gli altri vedono, ma anche a come io vivo ed esprimo me stessa nelle mie tante vite.Vivo e quindi sono: non una, ma tante.