Abbandonare Tara

Tempo di esami, tempo di passaggi


Oggi comincia QUATTRO (che ha fatto il gradasso fino a ieri, sostenendo che non gliene importa niente - e la pagella sta a dimostrarlo - ma stamattina si è svegliato alle 6!!!!!).Ma l'altro giorno mi sono regalata una giornata indimenticabile, di gratificazione di tutto il mammismo che sta in me, andando a Roma, a godermi il mio DUE che faceva il suo primo saggio all'Accademia d'Arte Drammatica.La bella gioventù.Nessuna definizione può essere migliore di questa: non sono tanti da aggredirti con quel ché di animalesco che la massa ha nel numero. Non sono tracotanti, non sono rumorosi, non sono "fisici".Non aggrediscono nemmeno con l'abbacinio dei colori. Tutti vestiti di nero, quasi annullati nel minimalismo. Così che solo la voce, il gestire, l'interpretazione, emerga. IL personaggio: devono essere il personaggio in quei brevi minuti di un monologo classico, buttato lì, davanti ad un piccolo pubblico, in una stanza spoglia, parquet sul pavimento, oleandri fioriti e carnale primavera romana dalle finestre aperte sul giardino della vecchia palazzina ai Parioli.E ne esce il miracolo eterno della fascinazione del teatro.Sarcastici Riccardo III, amari e crudeli nell'infelicità trattenuta e nella brama di potere. Giovani Amleto sconvolti dalla scoperta del tradimento materno.Un'Elisabetta d'Inghilterra altera e fredda; un'altra complessa e quasi psicotica nella doppiezza del dramma interiore.Un Sigismondo annegato nell'impossibilità di distinguere il sogno dalla realtà.Un Mercuzio ombroso e consapevole del dramma vicino.Erano bellissimi, tutti, nella loro personale e diversissima interpretazione del personaggio. Talora modulato su corde troppo moderne per un dramma elisabettiano, illuminato e oscurato al tempo stesso da acerbe esperienze individuali che indovinavi e percepivi al di sotto dell'apparire.Erano bellissimi in questa aspettativa di vita, nella loro capacità di incarnare la parola scritta, nella metempsicosi che accettavano nei loro efebici corpi annullati nel nero assoluto.Bella la caldissima tarda primavera romana, la città dei millenni che continua, ironica e placida, a guardare la vita scorrerle davanti. Che accoglie con un lieve increspare del volto antico anche questa nuova meravigliosa generazione.Era bello trovarsi lì. Sentire per la prima volta  che si è spettatori della vita altrui e non solo attori della propria. Ma non per la grande fascinazione che il teatro ha sempre avuto su di me (foto di vecchie e nuove glorie del palconoscenico alle pareti delle aule e lungo le scale, odore di gesso sui pavimenti, camerini affollati e sudati).Ma perché il tempo passa, le generazioni si avvicendano. E quando tutto questo avviene così, c'è un senso di naturalità che rende tutto comprensibile, accettabile. Bello: di quella bellezza colma, direi "classica" se non avessi paura di usare un termine troppo tecnico. E' la bellezza del tempo.E' la pace del capire che tutto va come deve andare, come è sempre andato da secoli e millenni.Roma è la quintessenza di questa naturalità del tempo che passa. E passare un testimone da madre a figlio lo è altrettanto e più intimamente.