Istvan Sandorfi, Apparition Era una vecchia signora di 101 anni, così vecchia da essersi ritirata, quasi mummificata, incartapecorita come una tartaruga, piccolissima e se possibile ancora più piccola perché incurvata nella sua nicchia, camera, letto e poltrona, da cui non usciva più.Vedeva soltanto di lato, in tralice, e dovevi metterti accanto a lei per lasciare che la luce pallida del suo residuo visivo ti inquadrasse e la memoria potesse partire alla ricerca di un brandello, all'interno di quella lunga vita, di cui avevi fatto parte, in un certo momento.Sentiva poco, ma amava raccontare tante storie, storie di tempi lontanissimi, strade polverose e assolate, lei che guidava un'auto aperta e rumorosa, la prima donna siciliana che avesse mai guidato. O almeno così raccontava: sono primati difficili a contestarsi o ad accertarsi, ma importanti ad affermarsi, nel costruire la propria storia come la storia di un mito.Non raccontava mai niente di amori passati: ma c'era stato un marito, le carte di famiglia lo attestavano. Un uomo più anziano di lei, un matrimonio combinato, un facoltoso possidente che l'aveva accontentata in tutto, ma che era finito presto nella dimenticanza di quella polvere, di quelle strade bianche, di quel passato troppo lungo.Incontrarla era un rito, non spiacevole, ma un po' imbarazzante. Come sentirsi sotto esame, nonostante la quasi totale cecità e la sordità. Dietro gli occhi vuoti percepivi il fantasma di una mente acuta e di una ferrea consapevolezza di stirpe.Adesso in quelle stanze, talvolta, nei controluce estivi e tra il pulviscolo opalescente, sembra di intravedere una figuretta lenta, che si sofferma. A scrutare il vuoto, trafiggendomi e oltrepassandomi. Il fantasma di una antica giovinezza, quell'orgoglio proprio di una certa terra, il sole e la polvere che si fanno alone di luce.Gli occhi vuoti.