Abbandonare Tara

prima o poi


 
Daryl Gortner, Preserving my Marbles Giocavamo con le biglie sulla spiaggia.Anzi, era più che altro un gioco da maschi e le biglie di quando ero bambina io erano già quelle di plastica, con dentro le foto dei giocatori di calcio o dei ciclisti, che non conoscevo, di cui non mi importava niente, che sbiadivano rapidamente al sole o si scolorivano, bagnate nell'acqua di mare.Però mi piaceva il gioco, le piste nella sabbia, costruire muretti e ponti e piccoli laghetti per aggiungere difficoltà alle corse.Mi piaceva; e piaceva a mio padre, privo di figli maschi, che io ci giocassi. Mi aiutava, mi insegnava.Un giorno scoprii le biglie di vetro. Erano già antiquate, pesavano, nei sacchetti di rete, ma camminando facevano un nitido rumore: come di acqua sugli scogli. E poi i colori, quegli arcobaleni rimandati e franti dallo spessore del vetro. Ed erano un po' più costose, più ricercate, fragili, da non perdere nella sabbia.Sognavo di farne un bracciale: che non ho mai avuto.Una volta erano un gioco, un sogno, un caleidoscopio immaginario per i sogni di crescita.Oggi stanno in un vasetto, su una mensola, in cucina. Fanno parte di un panorama distratto, non mi evocano più nient'altro che un briciolo di allegria se un raggio di luce le colpisce. L'allegria che danno i colori. Come il rosso intenso del pomodoro, il verde del basilico, il melone arancio e le pesche scherziate dell'estate.Così passano le stagioni.