Abbandonare Tara

L'uscita da scuola


I bambini sanno qualcosa che la maggior parte della gente ha dimenticato. (Keith Haring)
Mattinata quasi estiva ieri: pare sia l'ultima di questa estate lunga a morire che travalica in un autunno dolce, di sole e vento caldo.Ferma al semaforo, in macchina, posseduta dagli automatismi di chi guida tutti i giorni e nemmeno vede più la strada, non sceglie, non decide, solo va avanti, portata dal moderno somaro, verso casa.Una folata di vento porta in alto un mucchio di foglie: giallo, verde, rosso si confondono e sembra lo stesso vento che portava Mary Poppins, le stesse foglie che accompagnavano Peter Pan.Come faranno mai, i pensieri ad accavallarsi così? A portare la mente lontano, in un paese remoto, indietro verso l'infanzia e le sue fiabe?
Ed ecco una corsa di bambini che attraversano la strada per prendere l'autobus che il provvidenziale semaforo rosso ha fermato. Zainetti colorati che ballonzolano sulle spalle, pantaloni rosa, jeans sdruciti a bella posta, pacche sulla testa del più piccolo, risate, sgambetti, ancora risate. Barcolla il più grosso, con la tipica goffaggine dell'adolescente in crescita troppo veloce, di quello che ancora non sa controllare la propria mole. La ragazzina, già, la ragazzina dai capelli rossi (e chi altri?), riccioletti stretti, pupazzini attaccati allo zaino. Il cappellino da baseball di un altro che vola verso l'alto (ce la farà a riprenderlo senza perdere l'autobus?). Le spinte, le grida giocose, uno che si asciuga il naso con la manica della felpa troppo lunga; un gruppo di bambine "per bene", che "la mamma non vuole", guardano i maschiacci da lontano, con aria di disapprovazione. Sono ancora due universi distinti e distanti, che si sfiorano, si annusano a distanza, si studiano, non si capiscono.E noi? cos'eravamo noi?
La memoria di quell'età è quasi un ricordo vintage, una vecchia pellicola in bianco e nero, una foto che comincia a ingiallire nel cassetto della memoria.Certo non eravamo così colorati, così ben vestiti. Ma gli scherzi, le corse, lo scrutarsi a distanza, erano gli stessi.Eravamo calzettoni di filo bianco traforati, grembiuli di scuola col fiocco (i maschi l'avevano sempre sciolto e sgualcito), vecchie cartelle rettangolari, merende fatte in casa (quelle marmellate che scolavano fuori dalle fette di pane),  gesso sulle lavagne e odore di pastelli a cera sulle mani.Il semaforo diventa verde. Il guidatore dell'autobus, paziente, aspetta i ragazzini.Riparto. Ma quelle foglie, questo autunno, quei bambini, rimangono dentro di me in forma di pensiero. Si vanno a unire a quei bambini in bianco e nero, a un autunno come cento di tanti anni fa, colorano un po' quelle foglie color seppia del passato, e da quegli anni si prendono un po' degli odori del tempo.Uno scambio, un dono reciproco, il presente diventa un po' un passato recente.Una folata di vento. Via.