Abbandonare Tara

1° Maggio - dedicato ad una storia d'amore


Un amore che nasce sui banchi di liceo, prima confuso, una cotta in piena regola, si sa, come è tipico degli adolescenti.Ma una cotta molto attiva: non di quelle vissute a sospirare e aspettare, cercando conferme scaramantiche (m'ama non m'ama, petali pari e petali dispari di una margherita); non solo una cotta appena assaporata durante primordiali lezioni di storia dell'arte (diapositive dozzinali, cartoline, fogli di calendario, tutto andava bene, in tempi di vacche magre, pur di recuperare immagini, stimolare suggestioni visive). Una cotta che portava già in sé i semi della grande passione: come è sempre, se si ha la costanza di volere fare, attivamente, la differenza.Perché la differenze tra l'effimero e il permanente, tra la cotta e l'amore, è la costanza, la determinazione, il credere in quell'afflato leggero, non lasciarlo nell'aura dello stordimento, ma farlo calare nella vita.
Questo ha voluto dire crescere. Crescere presto, accettare di diventare adulta. Accettare la fatica e le responsabilità e la noia del quotidiano, dello studio quasi mnemonico di nomi e date; l'ossessivo sfogliare migliaia di fotografie; il tentare di far diventare gioco ciò che poteva trasformarsi in stress (studiare in gruppo, prendersi in giro, tendersi reciproci atroci tranelli: a chi somiglia questo? quali tracce trovi? quali rimandi? - E intanto ridevi, ricacciando indietro l'ansia dell'esame vicino lavorando insieme, notti già estive, costruzione di amicizie effimere e di amicizie durature).
E poi le lunghissime cacce al tesoro per campagne, strade sterrate bordate di cipressi, pievi sui crinali di ulivi: sarà aperta? Ma allora trovavi sempre qualcuno che deteneva le chiavi del regno. La vecchia contadina che usciva dal pollaio con il grembiule raccolto, pieno di uova calde: tirava fuori una chiave enorme di tasca, il sorriso era una ruga più profonda nel volto color della creta, "che lo vole un ovo? vu studiate troppo....sue, nutritevi un po'!" . E la chiesa si spalancava, un rifugio d'ombra nella calura estiva, il quadro che cercavi, non più una foto tra mille in biblioteca, ma oro, colori, vecchie candele e fiori appassiti.Le notti passate a scrivere, i giorni interi in una biblioteca, splendida, tutta per noi. Silenzio, penombra che poi si trasformava nel riverbero del giorno, luminoso e tentatore dietro le persiane di legno accostate; i bambini che giocavano fuori, nel cortile ombroso. Sembrava la visita al carcerato: venivate a mangiare con me, tanto per stare insieme almeno un po'. "Scendi mamma, abbiamo fatto i panini, quelli buoni". Bambini e tu. Tu sempre sereno, sorridente. Avevamo lavorato insieme alla tua carriera. adesso toccava alla mia. Era naturale così, non ce lo eravamo nemmeno detto, non era necessario parlarne, non c'erano patti scritti, solo il naturale fluire della vita.
E poi questo lungo ADESSO: un oggi che dura da tanti anni, un oggi che non è mai definitivo, ma tutti i giorni si conquista, si costruisce, si aggiunge. Salire un gradino per volta. Sembra un passo infinitesimale, ma se ti giri indietro è la vertigine. Come ho fatto a salire fin qua?Le porte dei musei che si spalancano, i convegni, i colloqui, i viaggi, le pubblicazioni, il telefono che squilla, le caselle e.mail piene. Ne ebbi la consapevolezza una sera di primavera, a Londra: entrai e mi trovai davanti un abisso di forme e colori e qualcuno mi diceva: "Avresti mai pensato, quando studiavi, che un giorno avrebbero staccato il Battesimo di Piero della Francesca dalla parete del museo per te, per fartelo studiare?". Realizzare che il sogno è qui è un colpo al cuore.Ma non significa che non c'è più niente da sognare. E' un amore, è una passione; e come tale si alimenta di se stessa, in un ciclo continuo.