Abbandonare Tara

Laura, Silvia, Karen e le altre


Le amiche sono un universo importante, per una bambina. Il primo universo fuori del guscio familiare, il primo svolazzare fuori dal nido, magari con una zampina comunque legata con un nastro rosso di raso, per non permettere il volo troppo lungo, ma concedere la felicità e la prima ebrezza di libertà.Così per lo meno era quando cominciai io a spingermi appena fuori dalla cerchia della famiglia. Amiche, solo bambine: perché i maschi erano ancora un altro continente. Un altrove che faceva persino timore, così rude, grossolano, rumoroso, fisico.Amiche hanno segnato tutte le stagioni della vita, diverse, indistinte, remote nel ricordo, ancora presenti nelle ferite arrecate; fedeli o distratte; imperscrutabili o sorelle; futili, determinanti, manipolatrici o generose. La bambina che giocava due balconi sotto al mio, colloqui misteriosi, fiabe inventate di cui eravamo le protagoniste, streghe impersonificate - a loro insaputa - dalle vicine noiose, fratellini pestiferi da allontanare dai nostri spazi.
La ragazzina con cui confidarsi, adolescenza, amori e vanità; quella cresciuta più in fretta, quella più grande cui ispirarsi, cui guardare come un modello; quella che ti snobbava, quella che ti superava a scuola, quella che poteva uscire di sera, quella che fumava di nascosto.L'amica delle lettere: conosciuta al mare, lettere d'inverno, ritrovarsi dopo un anno cambiate, non riuscire più a capire se si poteva essere ancora  amiche. Oppure ragazza conosciuta solo per corrispondenza, incontrata così, un indirizzo estratto a caso dalla professoressa d'inglese, cercare di capirsi attarverso un'altra lingua, cercare di capirsi attraverso un'altra cultura, primi assaggi del mondo, in un'epoca in cui ancora viaggiare non era alla portata di tutti. Mi resta solo una sbiadita vecchia foto a colori che per molti anni è stata tutto quello che dell'America ho saputo .E poi amicizie adulte: condivisione di studi, di lavoro, di ricerca. Cercare di evadere dalle reti della rivalità, della maldicenza, degli steccati accademici che loschi figuri ammantati di dottrina e di sapere avevano costruito a monte e a valle delle nostre vite e dentro cui cercavano di imprigionare la nostra intelligenza giovane. Delusioni cocenti, sgarbi e sospetti, partecipazioni mancate; ma anche doni improvvisi, rivelazioni di fragilità, malattie. Amicizie di figli, scrutarsi attraverso i bambini: potremmo essere amiche per loro, per favorire la loro amicizia? Cene, gite, cinema, spettacoli di burattini, vacanze. Dolci di compleanno e frenetiche corse in macchine cariche di borse da sport, tifo sugli spalti, bambini sudati, spese e meracti, ricevimenti di professori, sempre in bilico tra la confidenza spontanea e il ritrovarsi forzato, amicizia o un garbato interesse, per creare e crearsi un ambiente. Ma la vita da adulti è anche questo, questo in fondo è quello che mimavamo quando da piccole giocavamo a "fare le signore".Gira e rigira un'amica, non necessariamente la stessa, ce la portiamo dietro per tutta la vita; c'è sempre un pezzo di me che parla con un'altra, che condivide un frammento di vita, che si è sentita a volte capita al volo, spesso rifìutata, data per scontata poi riscoperta. C'è sempre un'altra donna ben radicata nei momenti chiave di crescita, di nascita, di dolore, di cambiamento, di morte. Forse un retaggio delle epoche in cui le donne cercavano sostegno e comprensione tra di loro, universo chiuso, perché l'uomo era e rimaneva sempre l'estraneo, il padrone, il nemico. Forse un bisogno primordiale di avere qualcuno che ti sia veramente simile.Forse perché poi, alla fin fine, come fa un uomo a capirti veramente? Può amarti: ma quella è un'altra cosa, che con la comprensione, spesso, non ha niente a che vedere.