Abbandonare Tara

L'isola dei morti


Un cimitero nel centro di Firenze. Il Cimitero degli Inglesi.
Ormai la città caotica, posseduta e maledetta dal traffico che la attanaglia, la Firenze male amministrata e male vissuta, quasi lo ha cancellato, ne ha cancellato la memoria, lo ha ridotto ad una grande aiuola spartitraffico nel mezzo dei viali di circonvallazione.Una collina erta e impossibile, che una volta era a ridosso delle mura della città, distrutte, anche queste, da un'altra cattiva amministrazione, quella  dei Savoia calati con arroganza e cieca burocrazia a "liberare" un'Italia che non esisteva, popolazioni cui di essere "liberate" non importava niente. Il soggetto di un quadro romantico e famoso che la idealizza, dipinto da un artista svizzero che lì dovette seppellire una figlia appena nata, Arnold Boecklin. Un dipinto che si intotola "L'isola dei morti".
Una romantica minuscola collina (così doveva apparire all'epoca, così è ancora, se si riesce ad entrare, nei rari giorni di apertura e ad astrarsi dal traffico che preme tutto intorno), folta di cipressi e affastellata di tombe.Per decenni qui trovavano sepoltura tutti i non cattolici di Firenze, le numerose, ricche, colte colonie di inglesi, americani, svizzeri, tedeschi che di Firenze e del suo mito avevano fatto la loro dimora nell'Ottocento e agli inizi del Novecento.Qui è sepolta, tra gli altri, Elizabeth Barrett Browning, oggi ridotta a poetessa di una poesia, da baci Perugina, quella "Se vuoi amarmi per nient'altro sia che per amore..." dedicata al marito, lui pure poeta, protagonosta con lei di una fuga d'amore in pieno stile romantico, che aveva illuminato e alimentato le conversazioni dei salotti inglesi e italiani per anni.
Qui è sepolta Fanny, la moglie del grande pittore pre Raffaellita Holman Hunt, modella di tanti suoi quadri, morta di parto mentre i due si trovavano a Firenze, a meno di un anno dalle nozze.
Le tombe, di personaggi noti o meno noti, sempre suggestive, spesso abbandonate e cadenti, talvolta meta di pellegrinaggi idealizzanti, si affollano in disordinata calca: lo spazio è poco, la colonia straniera era numerosa. La suggestione del luogo, il significato che questa Isola dei Morti ha avuto per Firenze è ricordata anche nel film Un tè con Mussolini, dove ironicamente vengono prese in giro zitelle inglesi che nel cimitero allestivano (ed è vero!) recite di poesie, pantomime, danze, per onorare la memoria degli artisti ivi sepolti.Oggi si cerca di ricostruire la storia di ogni tomba, c'è addirittura un blog destinato a questa ricerca e alla sopravvivenza di queste memorie.
Per i fiorentini, spesso, resta solo quella abitudine al bello, al sublime, all'arte sotto casa, come la chiamo io. C'è un semaforo, lì nei pressi; spesso la coda delle macchine si allunga sotto il cimitero; ti distrai un attimo dalla guida, rilassi il piede premuto sulla frizione nel frenetico cambiare di marcia imposto dal traffico della grande città, alzi gli occhi. Cipressi in alto, marmi una volta bianchi, oggi anneriti dal tempo e dall'inquinamento; una statua piangente, un angelo calato in silenzio dall'alto, un cippo spuntato dalla collinetta. Mah.
Abitudine al bello. Alla stregua di un segnale stradale.E' verde, di nuovo. Impietosamente verde, poi velocemente giallo e rosso. Muoviamoci.Non c'è tempo per la pietas, non è il posto del rimpianto o della contemplazione. Sarà per un'altra volta, per un altro semaforo.