Abbandonare Tara

Questi fantasmi


Riconoscendo il mio io in una confederazione di anime, come ho già detto più volte, ed essendo parzialmente venuta a patti con l'esistenza di una "Ody l'oscura", devo ammettere anche in me convivono un granitico edificio di razionalità e un ammasso confuso di attrazione per il misterico.Tanto quanto mi rifiuto anche lontanamente di considerare, per esempio, medicine alternative che di "alternativo" hanno, ai miei occhi, solo l'entità della frode perpetrata contro il malato, altrettanto sono incline a interessarmi nelle possibilità di esistenza di un mondo invisibile, ma parallelo.Solo che anche questo mi deve essere spiegato con un filo di razionalità, con una logica, con una consequenzialità di cause ed effetti.Peter Kolosimo mi faceva un baffo: non ho mai creduto una riga di quelle storie di invasioni aliene alle origini della nostra civiltà, della fanta-archeologia. Così come di Dan Brown adesso, misero (ricchissimo) ridicolo risibile, pane stantio per l'incultura dell'americano medio (e, purtroppo, sulla sua fortuna misuriamo quanta poca storia e storia dell'arte si studi anche in Italia).Invece sono stata di quelle ragazzine interessatissime ai fantasmi, per esempio, avida di storie gotiche e di racconti dell'impossibile.Ma sempre in guardia, sempre impaurita dell'abisso che mi si poteva aprire sotto i piedi. Temevo il buio, le fiamme dell'inferno, vampiri e licantropi, gli zombie che cominciavano ad apparire nei film dell'orrore. Ma temevo ancora di più l'abisso della perdita del controllo della situazione, della perdita del controllo di se stessi.Mai sono stata tentata da esperienze paranormali, infatti: niente spiriti da evocare, niente medium. Ma nemmeno ipnosi. Voglio esserci, ben presente: voglio essere io a decidere, a direzionare la mia vita, i miei ricordi, le mie fantasie.Per gioco mi sono detta più volte, in ambienti particolari: forse questa volta avrò un incontro. Era il Palazzo Ducale di Urbino, di notte: ma Federico da Montefeltro, che tanti giurano di avere visto, non si palesò.Era Boston, la più inglese delle città della East Coast, ma Mr. Parker non venne ai piedi del letto per chiedermi come mi trovavo nel suo albergo.Eppure in entrambi i luoghi non mi sentivo proprio a mio agio. Nonostante il fatto che il Duca di Urbino avrebbe potuto rispondermi a qualche domanda risolutoria per la storia dell'arte. E nonostante che adori Boston e che cercassi di godere al meglio il lusso insperato (un'offerta last minute) dell'Omni Parkerhouse Hotel.
Poi, a volte, succede che qualcosa penetra lo schermo freddo e cristallino della logica e del controllo. Un deja-vu. In certi periodi mi capitava di continuo, una sensazione da crisi di panico: dove sono, chi sono? Ma soprattutto l'ansia di non sapere collocare la sensazione, di non sapere dare un nome al ricordo, se di ricordo si trattava. Un amalessere fisico, di rara intensità.Oppure una premonizione. Una casualità, certo.A mio padre ne capitavano di incredibili, assurde, circostanziate. E un po' anche a me. Anche se ormai ho scelto di scrollare le spalle e non dare peso al caso.se caso è.Poi, un giorno, un vecchio frate butta lì una frase che ti continuerà a roteare nella mente per anni: come mai sapeva?Un piccolo fantasma innocente e smarrito, una bimba, forse, che si presenta e gioca con uno dei miei figli bambini.Succedono cose inspiegabili, succede che una razionalissima giovane coppia, lui un fisico - figurarsi- si scontri con qualcosa che non capisce, con qualcosa di cui ancora ci chiediamo talvolta: "Ma cos'era? Ma perché succedeva?".Nonostante ami la storia, non ho mai amato le vecchie case, ecco perché.Non ho mai amato le vite già vissute.