Abbandonare Tara

Vestivamo alla marinara


Non io: forse da molto piccola, con quelle enormi golette di piquet bianco bordate di blu e le sottanine a pieghe larghe e piatte. E i sandali, i mitici sandali giglio, blu, con gli "occhi" da cui spuntavano i solchi tra le piccole dita grassocce.E i costumini fatti a maglia, dalle instancabili mamme (o nonne o zie, a seconda dei casi): che tormento quella lana che bucava, sotto il sole, da cui la sabbia non andava mai via, che non si asciugava mai. Ma dico io: ma chi avrà mai inventato queslla moda sadica per i bambini. Che poi anche quando fu soppiantata da qualcosa di più pratico...spugna! spugna grossa e pesante, di quella che addosso diventava una corazza di acciaio, impastando sabbia e acqua in una malta cementizia spessa due dita.Beati quelli che il mare lo facevano di scoglio: almeno si risparmiavano queste torture.Eppure era un bel mare: infinitamente bello. Non solo per quel trasfigurare del ricordo. Limpido, trasparente, salatissimo. E quanta ne ho bevuta di quell'acqua, mentre un padre impietoso, il mio, con il tipico sorrisetto beffardo fiorentino, insisteva che solo bevendo si imapara a nuotare e che dovevo imparare, eccome se dovevo imparare. Che non mi dovevo aspettare nessun principe azzurro, ma tutto dovevo imparare a fare da sola: guidare, parlare l'inglese, andare in bicicletta, nuotare, appunto."E così non hai da ringraziare nessuno", diceva.Le villeggiature, così si chiamavano allora le vacanze, erano fatte di questo: mare di quello vero e sabbia. Lunghe passeggiate sulla battigia, da maratoneti, chi arriva più lontano, contando gli ombrelloni, i bagni diversi come punto di riferimento, imparandone a memoria i nomi da recitare in un lungo elenco. E ancora ce li ricordiamo: quei bagni Sorriso, Ancora, Sirena, Mediterraneo, Delfino, Versilia, che costellano i ricordi della mia generazione.
Il gelato, il ghiacciolo; le bibite, le prime bibite in bottiglia, il chinotto con la pallina che chiudeva il collo della bottiglia, le Lemonsoda che ti facevano storcere la bocca per le scagliette di polpa di limone che galleggiavano dentro. La Fanta nuova, appena appena arrivata in commercio: "non è buona ma è tanta", come ripetevamo, ammiccando, al passaggio di qualche tardona bene in carne.Le arselle pescate in riva, tirate su dalla sabbia morbida e fine anche con le mani: immergevi le dita e tiravi su manciate di molluschi per una zuppa alla buona, un sapore di casa, di mare di una volta che non ho mai più ritrovato.La partite a pallavolo sulla spiaggia. Le prime chitarre, le canzoni stonate, certo: ma a chi mai permettevano di andare in spiaggia la sera, a quel tempo? A me no di certo: dove l'avrà trovata, Baglioni, la ragazza che gli ha ispirato quell'inno generazionale? Per noi, per me e le mie amiche, rimaneva il mito, il sogno: i nostri genitori non avrebbero permesso mai e poi mai.C'era il cinema, al sera, quello sì. Affollatissimo: si andava pochissimo al cinema in città e allora la villeggiatura era la scorpacciata di quello che era passato in due, tre stagioni successive. Rumore, risate, chiacchiere continue, cori che anticipavano le battute salienti. Eppure mi sono vista così dei classici straordinari: la folgorazione di "2001 Odissea nello Spazio", per esempio. Ma anche il famigerato "Via col Vento" e lo strappabudella "Love Story".Poi si tornava a casa in bicicletta: bande di ragazzini tutti insieme, schierati lungo le stradine del paese delle vacanze. Con le torce a pila per risalire i giardini e allontanare i rospi: già, quanti rospi! Forse è per quello che non ricordo zanzare.