Abbandonare Tara

Ghost stories: gente di blog


Perché poi è così, questa realtà virtuale. Mi fa un po' l'effetto di un grande palcoscenico buio, vuoto, come certi spettacoli d'avanguardia degli anni '70. Senza scena, senza costumi: nero. Con questi personaggi che ogni tanto emergono dal buio, arrivano sul proscenio, illuminati, crudamente, impietosamente, da luci fredde, violente, strazianti. Per un attimo, più o meno lungo, occupano un posto, vivono, forse recitano. Il riflettore, il grande occhio di bue accecante, ritaglia quelle figure; impietosamente mette a fuoco un particolare, ingigantendolo, conferendo un valore assoluto a ciò che sotto una luce più naturale sarebbe solo una parte, una sfumatura, un capriccio di una persona. Qui, su questo palcoscenico vuoto e nero, una mano che gesticola, un naso deformato e reso enorme dalla prospettiva falsata della vista dal basso, una ruga profonda come un solco, una bocca immobilizzata in un ghigno, diventano, ora e per sempre, la quintessenza stessa del personaggio.Una pantomima di gesti, di parole smozzicate, di fermo immagine, che compongono in una gigantesca sineddoche un mondo forse parallelo. Questo mondo virtuale.Succede poi che alcuni di questi personaggi, i loro gesti, le loro parole, si fermino più a lungo, occupino la scena. Che la persona o il personaggio trovino un'accoglienza, un pubblico, magari un solo spettatore. Succede che parole, emozioni, racconti, si travasino dal proscenio, trabocchino, vivano quasi di vita propria, che magari non è quella di chi le ha pronunciate o scritte, magari travalichino intenzioni, origini, motivazioni e creino un'eco, un ectoplasma virtuale a se stesso, nato da un fantasma, figlio di spettri, nascosto sotto un mantello di invisibilità di rimando.Talvolta queste eco, queste filiazioni, sono quasi più potenti del reale, se mai un reale c'è stato alla loro origine, se il tutto, in realtà, non è solo fingimento, recita, affabulazione.Talvolta, dopo un'altra infinita serie di recite, invece, persona e personaggio, occhio di bue e voce, buio e gesto, scompaiono. Sono scomparse vere, quasi mai annunciate.Un blog sospeso, un profilo cancellato.Resta il vuoto della assenza, il rimpianto: avrei potuto....non ho detto. Si rimpiange quel poco di niente, quel simulacro di scena che forse non esisteva, che forse era fatto solo di parole. Ma che aveva creato un'eco intorno a sé, un rumore lontano di mare in conchiglia, che aveva trovato risonanza in noi.Scompaiono, se mai sono esistiti.Tacciono, se mai un apparato fonico c'era dietro parole virtuali, parole scritte.Si interrompe un discorso, cade uno stile, si perde una lieve abitudine.Cancelli un link o aspetti?, sospesa tra desiderio e horror vacui, tra curiosità e abitudine.E talvolta cerchi tra i volti anonimi, ad una fermata di autobus, in una città diversa, in coda ad uno sportello: chissà, forse quella eco è qui.E non ne sai nemmeno il nome, ne hai solo immaginato il volto. Perché le parole, le parole, sì, le parole erano e nome e volto.