Abbandonare Tara

Mia sorella


Ho parlato di mio padre, di mia madre, anche di libri. E di lei non ho parlato ancora.Se lo sapesse si offenderebbe di sicuro.Lei è mia sorella. Ed è davvero importante: un punto fermo nella mia vita, soprattutto adesso che i nostri genitori non ci sono più.Quando nacque lei, io ero una bimba dalle lunghe trecce nere, emozionata, orgogliosa, felice di quella neonata che mi sembrava tutta mia: un amore di sorellina. Presto la neonata diventò una burrosissima briosche, una sorellina grassa grassa, che rideva sempre, rotolava le sue cicce allegre in giro per casa, le mani sempre sporche di biscotti al Plasmon sbriciolati e impastati di saliva, il profumo di borotalco.Era la mia bambola preferita: amavo addobbarla di fiocchi, nastri, gale e taffetà. Un po' la tiranneggiavo e la schiavizzavo, ma la coccolavo tantissimo e inventavo per lei fiabe e giochi fantasiosissimi.Avevamo un mondo parallelo, dove vivevamo, signore incontrastate delle nostre bambole, dei nostri tè in tazzine di plastica, delle storie che vivevamo solo noi due.Poi la tenera cucciolona si mutò in un'adolescente un po' spigolosa, tanto che la chiamavamo "Olivia", memori della filiforme compagna di Braccio di Ferro. Un'adolescente che faticò un po' a costruirsi la sua vita, mentre io, con un po' di crudeltà da sorella maggiore cresciuta, cercavo spietatamente di tenerla fuori dalla mia.E poi una donna, presto corrucciata, presto affannata e severa, che spesso mi giudica e riafferma continuamente la sua separazione da me, la sua diversità di opinione, le sue scelte diverse. Ma che c'è, sempre. Che si sa prendere responsabilità inaudite e aiutare come nessun altro sa. Che in certe preziosissime sere viene a raccontare tristezze e amarezze quotidiane; ad ascoltare il mio mondo. Per poi alzarsi e andare via quasi di corsa, nei suoi affanni e i suoi crucci, lasciandosi dietro un vago sentore di biscotti al Plasmon, sbriciolati e impastati di saliva, il profumo di talco.