Abbandonare Tara

UNO


Nacque un primo pomeriggio di luglio. Non so nemmeno raccontare quello che provai. Mi commuovo ancora se ci penso. Ma non una commozione superficiale: le due lacrimucce di tutte le mamma sulle foto dei pargoli infanti. No: una ferita profonda e dolce dentro l'anima. Con lacrime che sanno di carne.Nacque e si portò via la mia infanzia, la mia adolescenza. Uno dei primi pensieri fu: ma come faccio ad essere mamma se sono io una figlia?Nacque e diventò il mio mondo. Dire che mi cambiò la vita è dire poco: quella me l'avevano già cambiata le nausee e il vomito della gravidanza, il pancione, le notti insonni. Cambiò me. In un modo inimmaginabile. Smisi di vivere per me stessa e cominciai a capire che dovevo vivere per un'altra persona. Nacque e fu subito un uomo. Capii subito che non era "mio". Piangevo, in preda ad una (brevissima) crisi depressiva post-partum, dicendo: "non è più mio". Ma capivo e piangevo per qualcosa di più profondo: capivo che "mio" non era mai stato. Nemmeno nei lunghi mesi in cui aveva respirato col mio respiro, si era cibato del mio sangue, si era rotolato e cullato dentro di me. Capii le parole del Vangelo, della donna che si consola dalle doglie del parto ed è felice "perché ha messo al mondo un uomo".Un uomo, non un bambino.Era lì: il mio minuscolo uomo. Col suo mondo, con gli occhioni ancora quasi ciechi che si guardavano intorno, con le sue percezioni, i suoi desideri, la sua fame di vita, la sua prepotenza di vita.Non riuscivo a sentire dolore, stanchezza, rabbia (per un medico idiota e cattivo che aveva cacciato il mio giovanissimo marito dalla sala parto, che mi aveva tagliata senza pietà perchè voleva far presto, che mi aveva assiderata con l'aria condizionata in sala parto, perché "si deve pensare a noi che lavoriamo"). Ero così eccitata ed emozionata e.....soprattutto stupita. Come poteva essere, come poteva succedere? Il giorno prima non c'era e ora era qui. Ed era un uomo. La mia meraviglia, il mio miracolo, il mio stupore.Cercai subito di visualizzare come sarebbe stato da grande, che adulto sarebbe venuto fuori da quei pugnetti chiusi e da quella faccina rugosa, da quel ciuffo di capelli neri, da quegli urli e da quella fame vigorosa.E' venuto fuori un bambino curiosissimo, determinato, intelligente, sorridente. Un adolescente sicuro di sé, senza crisi, con una visione chiara del mondo, idealista e generoso. Un adulto forte, protettivo, insofferente di ogni limitazione, con un'intelligenza logica e quasi spietata, che giudica e pontifica. Ma con dolcezze infinite nei confronti dei deboli, dei bambini, dei vecchi.Quell'uomo cui ho dato vita 26 anni fa.