Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Dante Gabriel Rossetti, Helen of Troy
I giorni passano veloci e diventano settimane.
Poi ti accorgi che il calendario ha svoltato un mese....quanto manca all'anno nuovo?
Ma certi pomeriggi, certi pomeriggi non passano mai.
E quando li conti e li metti in fila ti accorgi perché non hai avuto voglia di parlarne, né qui né altrove.
Un lunedì pomeriggio di belle speranze, di ingenuità, ma anche di necessità di inghiottire ancora una volta un tronfio trombone che deve sempre emergere e proporre la sua esperienza, datata e personalistica, come modello altrui. Sforzarsi di sorridere e farsi scivolare di dosso tutto. Diventerò anche io così?
Un martedì pomeriggio perso intorno ad un tavolo, una riunione in cui sono stata incastrata e che svela le meschinerie, le cattiverie, gli abissi di immoralità delle nostre università, cattedratici che rubano lo stipendio, cui non affiderei nemmeno l'educazione di un canarino tanto sono immorali e vigliacchi.
Un mercoledì pomeriggio che si comincia in ritardo, per il prolungarsi degli impegni della mattina, in cui giri e rigiri intorno a file che non si aprono, programmi da aggiornare, piccole incomprensioni dovute al nervosismo, mail arretrate: tutto tempo sche scorre senza lasciare una traccia sensibile di sé.
Un giovedì pomeriggio a contare i fantasmi del passato: chissà se davvero ce n'è uno anche "materiale", per così dire, anche se sembra una contraddizione in termini.
I fantasmi della mente sono tutti miei, appaiono e scompaiono mentre scrivo: nomi che evocano storie del mio passato, antiche paure che oggi guardo con condiscendenza, antichi rivali, antichi amici, antichi padri putativi.
O i fantasmi del presente: il telefono che si fa veicolo di voci e presenze, messaggi che non vorresti leggere.
E poi c'è il fantasma forse vero, un ometto vestito di grigio, serio, in giacca e cravatta, compito e silenzioso, che ogni tanto qualcuno vede. Nessun luogo è mai totalmente vuto, ma nelle sere di pioggia alcuni sembrano quasi desiderare che i vivi facciano compagnia a chi rimane nel ricordo e nel tempo sospeso.
Un venerdì pomeriggio che sembrava perso, difficile, da rimandare: ed invece è diventato caldo, di amicizia, di chiacchiere, di vecchi mobili lucidi, di tè con i biscotti, di promesse per il futuro. E di un piccolo, gentile, richiamo: scrivi!
Ed ecco allora come sono e come saranno anche il sabato e la domenica pomeriggio: scrivere. Qundo finirà questo rosario di scrittura che rende uguale tutto il tempo di questi mesi, di questo inizio d'anno che si sta già trasformando in una fetta sensibile, di spessore, dell'anno: un trimestre, forse un quadrimestre prima della conclusione. Talmenta densa la nebbia di questi pomeriggi uguali a se stessi che nemmeno ne intravedo i condini.
I decenni volano, sono certi pomeriggi che non passano mai
(Adriano Sofri)
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