obscura scriptis

altrove


 mi sento talmente fortunato che mi faccio schifo; mi faccio schifo e forse è solo quella sensazione che passa dopo un po' di stupida elemosina, ma non ho voglia di lasciare alcuna elemosina; quello che mi tiene in vita, sono i piccoli dolori di ogni giorno, i dolori, ogni volta al mattino quel ronzio alieno mi coglie contorto, riverso al contrario, asciugo i frammenti di sogni già dimenticati a forza, freddo contatto al pavimento, gelido orrido buio appena aperta la finestra, i suoni vibranti di un mondo morto mi assalgono, è giorno, triste eufemismo; non faccio che odiare le vostre piccole gioie, le vostre foglie al vento, foglie di una morte incolore il cui unico scopo sarà l'essere calpestate in tutta fretta, odio le vostre gonne svolazzanti e le vostre barbe sempre ben fatte, odio mettermi in viaggio per raggiungere la stazione del treno con il quale raggiungerò solamente la stazione di un altro treno, odio delle stazioni le  panchine fredde, in quanti sarete con me in questo momento? vi penserò ogni mattina, vi raggrumerò nel mio odio, vi metterei su un treno in cui si sta in piedi, perché all'inferno mancano di certo le poltroncine, un treno che mi attenderà al ritorno, in ritardo, certo, ma almeno stavolta sarò seduto, per contemplare meglio, sarcastico, il paesaggio di luci notturne, quella vita in cui sentirsi vivo è desiderare, ogni tanto, di baciare un'altra, quella vita in cui sentirsi vivo è avere un'altra storia da raccontare, che sia vera o inventata, quella vita in cui, in definitiva, sentirsi vivo è sentirsi altrove.