Tracce

Frammenti di un sogno


Mi trovo in macchina con F. la macchina non è la mia, ma una Fiat Ritmo blu pulman posseduta anni fa dalla madre di F. È notte o sera tardi, buio comunque, e percorriamo una strada non diritta, leggermente tortuosa che costeggia un lago. Nella realtà è un posto che non ho mai visto, ma nel sogno non mi è nuovo. Riconosco vagamente alcuni dettagli per averli letti in un Blog. Trovo un parcheggio lungo la strada ed accosto. Usciti dall’auto sono io a fare strada avanti inseguendo quei ricordi e tenendole una mano mi porto dietro F. che cammina con passo più lento del mio. Il mio stato d’animo è euforico, so che andando là dove i ricordi mi guidano troverò lei, la proprietaria del Blog. Arriviamo ad un cancello metallico. È ampio ed è aperto con entrambe le ante. Varchiamo la soglia percorrendo un prato, sembra uno di quei posti dove d’estate fanno le sagre o la festa dell’unità. Il prato è in leggera salita, non vediamo nessuno e non sentiamo alcun rumore, ma andiamo avanti. Il mio sguardo volge particolare attenzione alla mia sinistra, come se stesse cercando la strada dei ricordi, ed infatti dopo alcuni passi si apre davanti a noi uno spazio non grandissimo, ma abbastanza grande per contenere una di quelle sagre. Ci sono tavoli ricoperti con tovaglie di carta, panche e sedie. C’è molta gente e confusione, ma sono tutti vestiti di nero e per lo più indossano cappotti lunghi. Ci avviciniamo un po’ ed io mi siedo ad una sedia posta ai margini della confusione, come se questa fosse ben delimitata. Dopo un po’ mi accorgo che tutte le persone presenti mi danno le spalle, non riesco a vedere nessun volto, e non c’è nessuno che abbia i capelli chiari, sono tutti scuri dal castano al nero al rossiccio. Improvvisamente mi ritrovo circondato da tavoli di forma circolare gremiti di persone ed in particolare alla mia sinistra noto un tavolo al quale è seduta proprio lei. Osservo attentamente i suoi amici, cercando di capire di chi si tratta dalle vaghe descrizioni fatte da lei nel Blog. Al tavolo ci sono anche altre donne, ma lo dico più per una sensazione che per averle viste. F. si alza come in preda ad un ritmo di danza irresistibile, ma io non sento alcuna musica, lei si allontana da me e si confonde nella folla danzante. Libero dal suo controllo concentro lo sguardo su di lei che parla con un’amica forse. La vedo di profilo, parla accennando un lieve sorriso mentre il suo capo oscilla come in segno di approvazione o conferma. Ad un certo punto si gira, mi guarda e mi saluta, poi chiede scusa all’amica e si alza per venire a salutarmi. Sembra sorpresa di vedermi ma nient’affatto infastidita. Resta in piedi mentre io sono seduto, si guarda in giro come se sapesse che non sono lì da solo e tiene un bicchiere in mano. Il bicchiere ha la base tonda, ma è piuttosto tozzo, è pieno di ghiaccio con un liquido trasparente che sul fondo diventa rosso. A questo punto non ricordo bene cosa sia successo, ho un vuoto, ma il sogno riprende con la differenza che lei e la sua amica sono vestite in maschera. Lei ha un vestito da coccinella e la sua amica uno da ape. Ha il volto truccato e porta una maschera e se non sapessi che si tratta di lei, non potrei riconoscerla. La nostra conversazione si fa sempre più giocosa, lei mi fa il solletico con le mani ed io mi metto a correre per sfuggire, corriamo insieme come due bambini, io cado ripetutamente fra le radici affioranti degli alberi e lei mi raggiunge sempre facendomi il solletico. Poi mi alzo e vedo in lontananza F. in piedi con aria triste. Mi ha visto ma non si muove e così le vado incontro per farle conoscere. Dopo averle presentate cominciano a scherzare e a ridere tra loro, capisco che ridono di me, ma non mi importa, meglio ridere che litigare. La festa sembra essere finita ed è ora di andare, tutti e quattro ci avviamo verso il cancello per raggiungere le auto. Le due coppie parlano tra loro sottovoce, io con F. e la coccinella con l’ape come se dovessero aggiungere particolari (alibi nel mio caso) a come ci siamo conosciuti. Nel tragitto verso l’auto noto altri particolari del luogo descritti da lei, complice la luna piena, come una persiana di legno con cerniere in ferro, la cler di un negozietto, un muro intonacato che a tratti mostra i mattoni dove si è scrostato. Cerco poi di leggere il nome della via, la luce è buona la targa chiara, vedo la scritta, ma non riesco a leggerla, come se non sapessi più leggere. Arriviamo alla nostra Ritmo, siamo rimasti soli, senza salutare le maschere. La luna si specchia languidamente nel lago che è diventato un fiume.