saltu_aria_mente

Aspettando la luce


17/09/2008Ci sono giorni azzurri e notti viola. Giornate rigate di grigio e notti fruttate di stelle.Ci sono giorni in cui scivoli su scialli di seta e giornate in cui cammini su strade ciottolose e attraversi ponti di terracotta.Ci sono giorni in cui il ritmo del tuo tamburo ti svuota le tempie, allora esci fuori dal coma e inspiri fragranze, in attesa del tuo turno.Sedia N° 6 a partire da destra. Ho in mano un cartoncino con il numero 12, in blu. Ancora sei visite prima del mio turno.Ho gli occhi socchiusi. Cerco di scorgere le mie parole, le ripasso e mi racconto una storia, la mia storia.Vivo malata. Anoressia di sentimenti. Ho aspettato anni per sentire una frase, quella frase. È arrivata, ma ero già andata via. Non guardo il colore delle parole, non mi appartengono più i duelli muti tra pupille fisse. Non raccolgo più nemmeno il presente, tanto meno la memoria del passato e la previsione del futuro.Ho il canestro vuoto, viaggio leggera. Ho riassunto troppe volte gli accadimenti e come disse Maria Corti: riassumere è dire addio.È tutto finito, svanito, non c’è differenza tra ricordare il passato ricordare i sogni. Non sogno da tanto.È così faticoso stare dietro la realtà ma ancora più faticoso dare corpo ai sogni.A volte ho paura delle parole che potrei dire. Allora rimango in silenzio. Mi nutro di sospetto, e vedo più mostri di quanti, forse, non ce ne siano.Le parole non hanno casa, passano come il vento, le parole. È così che mi alleggerisco oltre che del passato e del presente, che è già passato, anche delle parole che potrei dire nel futuro. È così che spero di attraversare il ponte di terracotta. Libera dal passato e con pochissime scaglie di presente. Mi muovo a piccoli passi, cammino su strade ciottolose e ho davanti ponti di terracotta che intendo varcare. Vedo il buio avvolgermi e graffio e urlo. Chiedono i miei occhi in dono. Salgo sul ponte di terracotta, sento un crick sotto i piedi, mi fermo, è il punto più fragile. La paura fa diventare rauchi. Mi tremano le dita. Aspetto chi mi renderà leggera. Un attimo, ancora un attimo. Muovo l’ultimo passo, abbasso le palpebre, le ciglia come applausi, il buio.