Un po' di noi...

QUELLI DELLA PRIMA REPUBBLICA


Quale credibilità può avere un Governo sostenuto dagli stessi che hanno contribuito a generare il debito che intende risanare? Invecchiati ma riconoscibilissimi, molti eterni vip della politica nazionale anziché scegliere una dignitosa “rottamazione” sono ancora in prima fila a invocare la stretta di Montidi Andrea Accorsi e Andrea BallarinDa che pulpito. Quale  credibilità può avere il tentativo di risanamento dei malconci conti di questo Stato da parte del Governo, se a sostenere il premier Mario Monti sono le stesse facce che hanno contribuito a generare questo debito spaventoso in un trentennio di scelleratezze. Sono ancora tutti lì, solo un po’ più canuti e pingui, ma i volti sono riconoscibilissimi, qualche ruga di troppo, sempre le solite  parole a vanvera dagli anni ’70-’80 ad oggi.Considerando i 630 deputati e gli oltre 315 senatori, l’elenco potrebbe essere lunghissimo, perciò limiteremo le citazioni ai “vip” e a qualche pillola di saggezza che confermi la loro ineffabile inconsistenza nell’applicazione dei principi di concretezza. Partendo dal più illustre - per questioni di eleganza - è impossibile evitare di citare il senatore (a vita) Giulio Andreotti, un’intera esistenza passata tra i banchi della politica rivestendo ogni tipo di carica e incarico. Sparare su di lui è facile, un po’ come farlo sulla Croce Rossa, tanto “indifeso” è il personaggio in questione: intrighi, responsabilità, stragi, legami con la malavita, tutto è stato attribuito al grande vecchio della politica italiana. Un po’ di responsabilità sul dissesto di questo Paese, dunque, è il minimo gli si possa addossare. Oggi sostiene il Governo Monti ma, probabilmente, nel suo caso, è un danno del tutto trascurabile rispetto ad un passato totalmente agganciato a quella Balena Bianca che molti benefici a questo Paese non ha poi, così, dato.A sostenere le politiche razziatorie e depressive di Monti & C., dunque, sono sempre loro, le icone massime degli ultimi governi della Prima Repubblica, gli stessi che hanno visto il debito pubblico nazionale esplodere fino a sorpassare abbondantemente l’intero Prodotto interno lordo. Nell’Olimpo degli “eterni”, prende posto anche  Massimo D’Alema, in Parlamento dal lontano 1987 e oggi tutto coccole e salamelecchi col professore imposto da Bruxelles, lui che a Palazzo Chigi successe all’altro “professore”, l’immarcescibile Romano Prodi. Fra chi, invece, è rimasto fuori dalla squadra di Monti - ma avrebbe tanto voluto farne parte - c’è Giuliano Amato: proprio lui, il “dottor sottile” passato alla storia per il “prelievo forzoso” (alias scippo) messo in atto in una calda notte d’estate direttamente dalle tasche degli italiani, ovvero dai loro conti correnti. Era il luglio del 1992 e Amato bazzicava già stabilmente i Palazzi del potere da un decennio. «Il Governo - si è rammaricato l’ex socialista subito dopo la sua esclusione dall’attuale compagine governativa - avrebbe avuto dei benefici avendo me e Gianni Letta, per l’esperienza che abbiamo del funzionamento degli apparati che manca a coloro che vengono da fuori». Un’esperienza che, visti i precedenti, temiamo non sarebbe stata spesa precisamente nell’interesse dei cittadini.Addirittura «incondizionato» (testuale) è l’appoggio garantito a Monti da Giorgio La Malfa, l’ultimo dei Mohi(repubbli)cani sopravvissuto anche all’estinzione del partito che ebbe in suo padre Ugo uno degli animatori di maggiore spicco. La Malfa junior (che di primavere ne ha 72) è pronto a mettere la mano sul fuoco circa il fatto che il governo Monti «saprà far ripartire l’Italia»: in quale direzione, non è dato sapere. Particolare non secondario, La Malfa siede in Parlamento da ben quarant’anni, essendovi stato eletto per la prima volta nel lontano 1972. Proprio il nuovo che avanza…A Montecitorio dal ’72, ben assestato sulla sedia, il fantasioso Beppe Pisanu (del quale ricostruire il percorso nel cambio di casacca in Parlamento è alquanto arduo) è talmente convinto del sostegno garantito all’eurotecnocrate, che per le elezioni Politiche del 2013 ha ventilato addirittura la proposta di candidare Mario Monti a capo di una coalizione Pd-Pdl-Terzo Polo. Considerato il suo retaggio culturale democristiano, sostiene che l’epoca del bipolarismo sia finita. In un’intervista dice: «Ora si può marciare spediti verso la scomposizione e ricomposizione dei poli che porti alla nascita di una coalizione di tutti coloro che hanno sostenuto il Governo». Quando si dice ricambio generazionale. Dalla politica al sindacato. I fan di Monti con una coda di paglia lunga così allignano anche tra le file di chi ha costruito la propria carriera sulla pelle dei lavoratori. È il caso di Franco Marini, già segretario Cisl, presidente del Senato, ministro del Lavoro, segretario del Ppi e ora senatore del Pd. A lui fu affidato nel 2008 il compito di “esploratore” governativo per conto di Giorgio Napolitano; dopo aver rinunciato a sedere di persona sulla poltrona più ambita del Paese, è sponsor convinto di Monti.Ma il Governo può contare anche su un altro personaggio che nei Palazzi ha speso una vita, uscendo indenne dagli scandali della Prima Repubblica solamente per questioni anagrafiche. Il Pierfe nazionale, quando non è con i piedi a mollo in qualche spiaggia tropicale, è in parlamento a sostenere Monti.A Montecitorio bazzica dalla prima elezione sotto le insegne della Dc nell’83. È uno di quelli che si propone come salvatore della patria, che ha sempre la soluzione dei mali in tasca. Ma - guarda caso - Pier Ferdinando Casini figura anch’egli tra quelli che da quando rappresentano istituzionalmente il Paese, hanno testimoniato solamente il declino dell’Italia. Una coincidenza?dalla Padania del 13.12.11