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Gibelli: Euroregione, ora facciamo sul serio


«La sfida sarà farci convergere in un percorso diverso da quello riformatore degli ultimi anni, che è fallito. Per questo non partiamo più dal livello parlamentare ma dal basso». Agli alleati: «Basta chiacchiere, serve risposta all’aggressività fiscale»di Andrea AccorsiVicepresidente Gibelli, nel dibattito politico il progetto Euroregione sta soppiantando quello storico di Macroregione. C’è differenza tra i due progetti?«Hanno un significato simile, ma non identico - risponde Andrea Gibelli, vicepresidente della Regione Lombardia -. Noi presenteremo un progetto molto preciso che sgombra il campo dalle definizioni di cui oggi tutti parlano. Su questo chiederemo ci sia una convergenza senza esitazioni: il tema è troppo fondamentale per non farlo passare dalle parole ai fatti. In realtà la Macroregione in quanto tale, come ha sottolineato il Segretario Roberto Maroni chiamandola Euroregione, è la dimensione politica di una nuova Europa costituita da entità che di fatto si candidano a sostituire gli Stati nazionali. Questo processo inoltre è perfettamente coerente con tutto quello che in Europa sta accadendo in risposta alla crisi dello Stato nazionale e della finanza come strumento di sviluppo, che è fallito miseramente».Si calcola che l’Euroregione permetterebbe di trattenere gli 8/10 delle risorse sul territorio...«In questo momento indicare cifre precise ha il sapore della provocazione. C’è la necessità politica di indicare una quota coerente con il Prodotto interno lordo che io definisco, in termini meno keynesiani, i sacrifici di chi lavora. A fare numeri ci si dimentica del sudore di chi li fa diventare fatti concreti. La sfida sarà far convergere scelte che mettano il Nord dentro un percorso diverso da quello riformatore che ha contraddistinto gli ultimi anni. Non a caso, la crisi economica che attraversa Paesi come la Spagna ha spinto solo ora due milioni di persone in piazza a invocare l’autonomia».In che misura l’Euroregione è condivisa negli altri Paesi europei?«Da più parti in Europa si è rilevato come, nonostante le risorse dei fondi di perequazione e di solidarietà, lo sviluppo non è mai omogeneo, per motivi non economici ma culturali. Al tavolo in cui si parla della strategia macroregionale alpina senti dire ai bavaresi che l’energia prodotta dalle Alpi è patrimonio del popolo delle Alpi e non dev’essere Bruxelles a decidere come disporne. Mentre Rhône-Alpes dice che attorno alle Alpi ci sono le terre dei produttori primi in artigianato, industria, servizi, turismo e agricoltura, e che tutti i prodotti di qualità che escono da questo insieme di 49 regioni devono avere un medesimo identificativo di qualità e tutela, denominato Alpin Space. Allora capisci quanto da altre parti siano avanti in questa presa di coscienza della tutela dei sistemi produttivi e dell’identità, laddove il lavoro è la modalità per riconoscersi in una società. Questo ritardo che l’Italia non ha voluto capire va affrontato non più da progetti riformatori a livello parlamentare, ma dal basso. Poi l’aggressività dell’attuale Governo nei nostri confronti ha portato alla coscienza di unire le forze delle regioni del Nord, a far convergere sensibilità diverse rispetto alla Lega: penso a Toldo, a Formigoni, all’unione tra Marche, Molise e Abruzzi. È la dimostrazione che l’aggressività fiscale e centralista sta cominciando a segnare passi importanti in termini politicamente e geograficamente inediti».Ma quanto c’entra davvero un Formigoni con questo progetto?«In politica spesso ha ragione chi alza la voce. Appropriarsi di queste battaglie è un inseguimento in toni maggiori. La politica è fatta anche di queste cose. Ma visto che di parole ne abbiamo sentite tante negli anni passati, soprattutto dal Pdl nostro alleato da dodici anni a diversi livelli, è il momento di gridare “carta canta” e lasciare il “verba volant” a Roma».dalla Padania del 16.9.12