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PONTE SULLO STRETTO Garantiti (almeno) altri 2 anni di SPRECHI. E arriviamo a 33


Proroga del Governo per verificare «fattibilità» e «bancabilità» dell’opera. Dal 1981 la società che gestisce il progetto divora centinaia di milioni senza posare una sola pietradi Andrea AccorsiAltri due anni di sprechi. Li ha approvati il Governo rinviando di 24 mesi ogni decisione sul Ponte dello Stretto di Messina. Motivo: i soldi per farlo (almeno 8 miliardi di euro) non ci sono. Anche perché l’Unione europea un anno fa ha cancellato il Ponte dall’elenco delle opere da finanziare entro il 2030. Ma rinunciare al collegamento tra Sicilia e Calabria ci costerebbe comunque 300 milioni, come penale da pagare alle imprese coinvolte nel progetto. Così, meglio prendere tempo. E decidere di non decidere.È quello che ha fatto il Consiglio dei ministri, adducendo come scusa la necessità di verificare «la fattibilità tecnica e la sussistenza delle effettive condizioni di bancabilità (sic)» dell’opera. Questa resta dunque sospesa fino al 2014. Poi, si vedrà. Ma da qui ad allora qualcuno ci guadagnerà lo stesso, e pure tanto: la società “Stretto di Messina Spa”, un carrozzone di vecchia data che ha già bruciato soldi pubblici a palate senza che del Ponte sia stata posata una sola pietra.«Con i 24 mesi di proroga del Cdm arriviamo a 33 anni dall’istituzione della Società Stretto di Messina, costituita l’11 giugno 1981 - lamenta il sen. Luciano Cagnin della commissione Industria di Palazzo Madama -. Uno stipendificio che ora il Governo Monti proroga per poi arrivare a una decisione se chiudere o iniziare i lavori. Questa non è un’opera - aggiunge Cagnin - ma una soap-opera che ha tenuto con il fiato sospeso un paio di generazioni a cui non frega nulla di quel ponte che drena tanti, tantissimi soldi a discapito dei territori virtuosi del Nord».Dal 1° ottobre 2007 la Società in questione - il cui sito internet risulta in perenne “manutenzione/aggiornamento” - è controllata dall’Anas all’82 per cento. Attuale presidente della Spa è Giuseppe Zamberletti, amministratore delegato Pietro Ciucci. Con rara lungimiranza, l’esistenza della società è stata fissata fino alla fine del 2050.Finita sotto la lente della Corte dei Conti, la società “Stretto di Messina” è risultata essere costata in un ventennio, dal 1986 al 2008, più di 200 milioni di euro per sopravvivere a se stessa fra stipendi, locali e strutture. Solo l’affitto della sede in via Marsala a Roma costa 50 mila euro al mese.I costi per gli stipendi dei dipendenti (lievitati dai 25 iniziali ad oltre cento) e per i gettoni di presenza dei membri del cda sono triplicati dal 2002 al 2006, passando da 520 mila euro a oltre 1,5 milioni.Anche le spese della società per propaganda e pubblicità si sono impennate fino a sfiorare il milione e mezzo di euro in un anno (nel 2004). Resta da capire a cosa si sia fatta pubblicità, visto che il ponte non c’è (ancora). Ma il vero pozzo senza fondo è la ridda di consulenze e progetti commissionati dalla società nel corso degli anni per i motivi più disparati e al limite dell’assurdo.In sette anni, dal 2001 al 2007, la società ha speso 21,3 milioni per consulenze e 28,8 milioni per il personale. Solo nel 2005 le “prestazioni professionali di terzi” (alias consulenze esterne) sono costate 5 milioni e 719 mila euro. Scopo di tali consulenze dai compensi principeschi? Accertare «l’impatto emotivo» del Ponte sugli abitanti delle due sponde attraverso una “Indagine psico-socio-antropologica sulla percezione del Ponte presso le popolazioni residenti nell’area interessata alla costruzione”. L’Università di Messina si è vista affidare uno studio e un monitoraggio sulle caratteristiche chimico-fisiche delle acque dello Stretto e sulle possibili relazioni con i flussi migratori dei cetacei. Mentre l’Istituto ornitologico svizzero è stato incaricato di svolgere «un’investigazione radar delle specie di uccelli migratori notturni e catalogare con la massima precisione le quote di volo, le loro planate e le loro picchiate».Secondo una inchiesta di Repubblica di un anno fa, gli anni più spreconi sono stati quelli tra il 2001 e il 2006, quando le spese totali della società hanno raggiunto gli 89 milioni di euro. Nell’anno “d’oro” 2005 il bilancio annoverava 1.479.000 euro per emolumenti e spese degli amministratori; 280 mila euro per viaggi e trasferte del personale; 172 mila euro per i buoni pasto dei dipendenti; 215 mila euro per la vigilanza degli uffici; 78 mila euro per fotocopie e lavori eliografici; altri 48 mila euro per riproduzione di foto e filmati; 59 mila euro per trasporti e facchinaggi; 113 mila euro per acqua, luce e riscaldamento degli uffici; altri 64 mila per la loro pulizia; 112 mila euro per spese postali e telefoniche; 232 mila euro per manutenzioni non meglio specificate; 175 mila euro per il personale «distaccato» (non si sa dove, visto che la sede è una sola); 103 mila euro per «rimessaggio e spese varie veicoli»; infine, ben 245 mila euro per imprecisati «altri servizi».«Il Ponte sullo Stretto di Messina è inutile - tira le somme l’on. Manuela Lanzarin, capogruppo della Lega Nord in commissione Ambiente della Camera - e lo sa bene anche questo Governo visto che il ministro Passera l’ha definita un’opera non prioritaria e che il ministro Clini ha affermato più volte che non esiste l’intenzione di riaprire le procedure per la sua realizzazione. Il fatto di aver rinviato ancora la decisione sulla sua fattibilità denota tutta la incoerenza e incapacità decisionale del Governo. Ci sono infrastrutture ben più urgenti e importanti da realizzare nei nostri territori». Magari senza alimentare costosi e, fin qui, inutili carrozzoni.dalla Padania del 3.11.12