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BLITZ contro la ’ndrangheta dalla Calabria a COMO: 39 arresti, sigilli a 4 ditte


Le cosche condizionavano appalti pubblici e praticavano concorrenza sleale per inserirsi nelle attività del settore edilizio e del movimento terradi Andrea AccorsiBlitz contro la ’ndrangheta in Calabria e in provincia di Como. Nell’operazione, denominata “Saggezza” e coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, i carabinieri hanno individuato gli organigrammi di cinque strutture reggine affiliate alla ’ndrangheta (“locali”) che avevano come famiglie di riferimento i Romano ad Antonimina, Varacalli ad Ardore, Raso a Canolo, Nesci a Ciminà e Fabiano a Cirella di Platì.Sono 39 le ordinanze di custodia cautelare eseguite nella Locride e nelle province di Vibo Valentia, Cosenza e Como. In quest’ultima, una persona di Longone al Segrino è stata arrestata all’ospedale di Cantù. Le accuse sono associazione di tipo mafioso, estorsione, porto abusivo e detenzione di armi, usura, illecita concorrenza volta al condizionamento degli appalti pubblici, minaccia, esercizio abusivo dell’attività di credito, truffa, furto di inerti, intestazione fittizia di beni, con le aggravanti della metodologia mafiosa e della transnazionalità.Le indagini hanno ricostruito i vertici delle “locali” e individuato i circuiti economici in cui erano inseriti. Gli indagati, secondo l’accusa, conseguivano profitti illeciti condizionando gli appalti pubblici. Inoltre ricorrevano a concorrenza sleale per inserirsi nelle attività economiche del settore edilizio, del movimento terra e del taglio boschivo in località dell’Aspromonte.Scoperta anche una nuova struttura della ’ndrangheta che si chiama “Corona”. Il capo è stato identificato in Vincenzo Melia. La struttura comprende anche i ruoli di capo consigliere e consigliere. La Corona, hanno spiegato il procuratore facente funzioni di Reggio Calabria Ottavio Sferlazza e l’aggiunto Nicola Gratteri, è sovraordinata rispetto alle “locali”, regolamenta le doti e stabilisce le regole. Il nome dell’operazione deriva da un’intercettazione di Melia in cui afferma di essersi sempre comportato «con saggezza». In effetti, ha sottolineato Gratteri, l’ultima faida in quell’area risale a 25 anni fa, a Ciminà.Fra gli arrestati l’ex presidente della Comunità montana Aspromonte Orientale, la cui elezione sarebbe stata condizionata dalla ’ndrangheta. Bruno Bova è accusato di associazione mafiosa e di essere stato il politico di riferimento delle ’ndrine.Oltre alle ordinanze cautelari sono state sottoposte a sequestro preventivo quattro imprese nel settore edile e del taglio boschivo, con relativo patrimonio immobiliare, per un valore economico stimato in un milione di euro, tutte con sede nella Locride.Le famiglie, secondo l’accusa, avevano la gestione e il controllo di attività economiche nel taglio boschivo e un circuito di usura ed esercizio abusivo del credito. Tutto doveva passare attraverso accordi garantiti dai capi “locale”: anche il taglio dei boschi e il commercio del legname, mentre per i lavori di messa in sicurezza delle fiumare i capi bastone ricorrevano ai classici mezzi di intimidazione: furti nei cantieri e incendi di auto dei titolari di imprese.* * * * *Ma il governo lascia i fondi ai Comuni mafiosi Bocciata la proposta presentata dal Carroccio «L’operazione che ha sgominato una organizzazione della ’ndrangheta a Como rileva il pernicioso addentellato che questa organizzazione criminale aveva attuato nel Lario». Nelle parole del senatore Armando Valli, componente della commissione Antimafia, c’è tutta la preoccupazione per la presenza sempre più radicata delle cosche in un territorio che fa gola per tanti motivi: per la sua ricchezza, per la mole di investimenti pubblici, per il casinò di Campione, per la vicinanza con la Svizzera.«La n’drangheta - rileva Valli - era da un po’ di tempo che aveva messo gli occhi su varie realtà economiche lariane e su alcuni appalti. E molti erano gli imprenditori e amministratori preoccupati. Ora - è l’auspicio - speriamo si vada fino in fondo ad estirpare questo cancro che distrugge il tessuto economico e sociale».Nel recente passato segnali, anche inquietanti, non sono mancati. Al contrario, sono andati moltiplicandosi. Più volte nel Comasco sono stati arrestati appartenenti a organizzazioni criminali mafiose e sono stati sequestrati o confiscati beni riconducibili alle cosche. Ma il territorio lariano non deve fare i conti solo con la ’ndrangheta: un anno fa vicino al comune di Faggeto Lario la polizia ha sequestrato un immobile del clan camorristico dei Nuvoletta. Mentre in una villa confiscata a Cermenate Roberto Maroni, nella veste di ministro dell’Interno, ha avviato l’istituzione del Centro di Alta formazione contro le mafie.A Como, non a Corleone o nella Locride, qualcuno ha danneggiato la targa in memoria dei giudici Falcone e Borsellino. E uno studio della Camera di commercio di Monza e Brianza ha fatto emergere come il 63,8 per cento degli imprenditori locali ritengano che la mafia offra un più facile credito rispetto agli erogatori istituzionali: in nessun’altra provincia lombarda la percentuale è stata così alta.Sempre più urgenti, dunque, appaiono risposte concrete a questa che in modo silenzioso ma inesorabile sta diventando un’autentica emergenza illegalità per un territorio particolarmente a rischio di contaminazioni mafiose. Eppure l’attuale governo tarda a dare queste risposte. Quando non le dà sbagliate.È di ieri la notizia che l’Esecutivo tecnico ha bocciato un ordine del giorno del vice presidente della Lega Nord alla Camera, Sebastiano Fogliato, al decreto sulle disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli Enti territoriali, odg in cui si prevedeva che dall’accesso al Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria fossero esclusi gli Enti locali che negli ultimi dieci anni sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose. «È vergognoso che il governo abbia dato parere contrario al mio odg - sbotta Fogliato -. Una scelta a dir poco imbarazzante, che è stata appoggiata da una maggioranza supina che vota qualunque cosa proposta da questo Esecutivo. Anche, come in questo caso, se si tratta di dare i soldi ai Comuni mafiosi». dalla "Padania" del 14.11.12